All Around | Un racconto che rimane indelebile nella memoria: “L’interprete” di Clara e Silvia Wachsberger
Il 16 ottobre 1943 le forze di occupazione naziste arrestarono a Roma oltre 1250 ebrei, soprattutto donne, bambini e anziani. In venti minuti le vittime dovevano preparare le valigie e abbandonare le case, per poi essere caricate sui camion e condotte al Collegio militare, a pochi passi dal carcere di Regina Cœli. Il 18 ottobre 1022 persone sono condotte alla stazione Tiburtina, ammassate su carri bestiame privi di ogni servizio igienico e deportate nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Solo 16 sarebbero ritornate. Tra questi c’era anche Arminio Wachsberger, uomo sensibile ed estremamente determinato, che ha sopportato l’indicibile resistendo a testa alta; l’uomo che si è fatto coraggio raccontando cos’è realmente successo, facendosi dunque carico del fardello della testimonianza.
L’interprete è un testo curato dalle figlie Clara e Silvia Wachsberger. Si tratta di una trascrizione dell’intervista realizzata dalla Usc Shoah Foundation Institute University of Southern California, (fondazione creata dal regista Steven Spielberg dopo l’uscita del suo film Schindler’s list, provvista di una enorme videoteca che raccoglie testimonianze dei sopravvissuti alla Shoah di tutto il mondo) nel 1998, arricchita da altre sue interviste e testimonianze. Arminio Wachsberger (Fiume, 4 novembre 1913 – Milano, 24 aprile 2002) fu fra i primi testimoni, ed ebbe ruolo di fondamentale importanza nella costruzione della memoria della Shoah. Figlio di Matilde Miriam Gellis e del rabbino capo della comunità di Fiume, David Wachsberger, Arminio Wachsberger sapeva parlare tante lingue; questa abilità nel lager gli aveva salvato la vita facendolo diventare l’interprete di Mengele. Infatti, dopo essere stato arrestato a Roma nel rastrellamento del ghetto di Roma del 16 ottobre 1943 – insieme alla figlia Clara e alla moglie Regina Polacco – e deportato nel campo di sterminio di Auschwitz, divenne interprete di Josef Mengele – famigerato direttore sanitario di Auschwitz – e poi in altri campi di sterminio. Il ruolo dell’interprete fu anche e soprattutto quello di un mediatore. Nel campo, dove aveva subito perduto la moglie e la figlia, Wachsberger fece il possibile per aiutare gli altri detenuti con cui veniva a contatto. Fu poi mandato a Varsavia, con un gruppo di ebrei romani, a sgomberare le macerie del ghetto e poi, nelle terribili marce della morte, a Dachau. (Arminio Wachsberger) Incalzai sempre più disperato: «Ma cosa ha fatto la mia bambina per essere uccisa?». (Josef Mengele) «Era ebrea». (Arminio Wachsberger) «E questo è sufficiente? E c’era bisogno allora di portarla fino a qui per ammazzarla? Non potevate ucciderla direttamente a Roma?». (Josef Mengele) «Eh no, non possiamo fare questo tra la gente civile!», rispose con fare arrogante. Immediatamente dopo la liberazione conobbe in un campo di raccolta di sopravvissuti vicino a Monaco di Baviera quella che divenne sua moglie: Olga Wiener, ebrea ungherese deportata nel maggio del 1944 e salvatasi anche lei per miracolo, la madre poi di Clara e Silvia, curatrici del libro.
L’interprete, la cui narrazione è rigorosamente aderente al vero, è un libro denso di memorie e affetti famigliari, ricco di eventi che hanno lasciato un segno perenne nella nostra storia e nella nostra coscienza.
La prefazione al libro è di Anna Foa.
Info: www.edizioniallaround.it