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AgCult | [Turismo 4.0] Oltre il turismo che conosciamo, la bellezza come nuova guida per viaggiatori e destinazioni

Il necessario cambio di paradigma dal turismo alla visitor economy apre scenari in cui nuovi viaggiatori beneficiano la comunità locale

Secondo un articolo di The Guardian, il Covid-19 ha evidenziato l’estrema fragilità e vulnerabilità delle destinazioni dipendenti esclusivamente dal turismo di massa, che non tiene conto del contesto socio-culturale in cui è inserito, incapace di generare valore per il territorio.

Anche il CEO di Airbnb Brian Chesky, in una intervista sull’evoluzione del turismo post Covid-19, ha dichiarato al Daily Mail: “Il viaggio come lo conoscevamo è finito e non tornerà mai più”, riferendosi ad una ridistribuzione dei viaggiatori a favore di nuove mete a discapito delle mete tradizionali come Venezia, Firenze, Roma.

Utilizziamo ancora il termine “turismo”, ma ormai alcune destinazioni di successo internazionali sono andate oltre, parlando di “visitor economy”. Una su tutte, la DMO Wonderful Copenhagen, nella sua strategia di marketing 2020 ne parla come di una convivenza di vari tipi di economie, non solo monetarie, che fanno bene prima di tutto alla comunità locale e al territorio e solo poi, di riflesso, al viaggiatore e alla sua esperienza di visita.

La maggior parte degli enti del turismo ancora oggi puntano ad un aumento indiscriminato degli arrivi e delle presenze, mirando ai grandi numeri piuttosto che alla qualità.

In realtà vediamo come le destinazioni affette da overtourism facciano fatica ad assorbire il carico causato dall’eccesso di turismo, dalla gestione dei rifiuti alla congestione delle strade ed altre problematiche di gestione.

Non tutto il turismo porta una ricchezza diffusa e positiva. Anzi, molto spesso quando diventa overturismo gli svantaggi superano i benefici, soprattutto se intendiamo la comunità nel suo insieme e non pensiamo solo ai singoli operatori.

La domanda un po’ provocatoria, su cui anche questo articolo di Dinamo Press ci fa riflettere, è: possiamo davvero accoglierli tutti?

Potendo scegliere il visitatore ideale per la nostra destinazione, forse dovremmo riflettere davvero su chi desideriamo accogliere, e dunque se la nostra è un’ambizione in termini di numeri, puntando ad una massa di turisti con budget limitato o senza rispetto per l’ambiente e la comunità locale, o piuttosto realizzare che potrebbe essere arrivato il momento di puntare sulla Bellezza, sia in termini di proposta di valore che di target a cui indirizzare gli investimenti del marketing.

La visitor economy non porta valore, ma lo crea. Un valore fatto non solo di denaro, ma anche di diversità culturali, creatività, innovazione, internazionalizzazione della società. Un valore che resta sul territorio e non lo danneggia, un valore condiviso e creato in armonia con le persone locali.

Un esempio virtuoso in questo senso arriva dalle Fiandre. L’ente Visit Flanders ha attuato, attraverso la strategia di destinazione “Travel to Tomorrow”, un cambio di visione, ponendo come primo target la comunità locale, al centro di tutte le azioni territoriali sia in termini di gestione che di promozione, passando da una classica DMO (destination marketing organisation) ad una DMMO (destination marketing and management organisation). Perché chi si occupa della promozione di un territorio non può più prescindere dalla sua gestione, diventando “policy maker” e creando un benessere diffuso che faccia bene a tutti attraverso la valorizzazione di persone, esperienze e spazi.

Si va quindi verso il viaggio “for good” (dalla nuova strategia 2030 di Copenhagen), che fa bene ai territori, a chi li vive e a chi li visita. Un turismo sostenibile che non è più guidato dal semplice desiderio di vedere una destinazione, bensì dal desiderio più profondo di toccarla, gustarla, sentirla, annusarla. Un’immersione totale nella cultura, nella storia e soprattutto nel momento presente delle destinazioni, per viverle in maniera autentica e fedele alla realtà.

Una riflessione va fatta anche sull’evoluzione della domanda. Dalla ricerca di sostenibilità al viaggio trasformativo, dalla cultura intesa anche come creatività alla rigenerazione artistica di spazi e aree degradate in favore di hub culturali, dai nomadi digitali ai digital detox.

Cosa cerca oggi il viaggiatore? E come si stanno adeguando brand ed operatori economici?

Secondo un’indagine effettuata da GroupM, una delle agenzie di media advertising più importanti al mondo, i target a cui eravamo abituati sono cambiati. L’indagine è arrivata a delineare il profilo dei 7 “nuovi” consumatori italiani che prima non esistevano e che oggi hanno nuove ambizioni, bisogni e desideri.

Ecco che allora i big player del travel si stanno adeguando a questo cambio di direzione, proponendo soluzioni in linea con questa evoluzione: Skyscanner permette di filtrare i risultati dei voli attraverso un “green label” che suggerisce le soluzioni ecosostenibili; il tour operator Black Tomato con “Get Lost” propone viaggi trasformativi a contatto con le comunità e i territori; Helsinki ha creato una strategia per implementare arte e cultura nella città e produrre benessere per cittadini e visitatori; Airbnb ha creato le “Social Impact Experiences”.

E ancora Booking.com con Booking Cares Fund e Booking Booster e la stessa Airbnb con il Community Tourism Programme. Non solo ci si interroga sulla necessità di una nuova visione del turismo, ma i più importanti brand si sono anche attivati per mettere a disposizione fondi per realizzarla.

L’ente di promozione Wonderful Copenhagen, nella sua strategia di marketing 2020 parla del viaggiatore come “tutti i tipi di persona” in quanto in un singolo individuo albergano ben 50 sfumature diverse di personalità che possono manifestarsi in tempi e modi differenti durante un viaggio. È dunque ormai superato il concetto di target classico, dove i segmenti vengono creati in base ad informazioni statiche, per andare sempre di più verso un’idea di viaggiatore cangiante e poliedrico.

Ne è un esempio il nuovo “viaggiatore culturale”, sempre più interessato ad una fruizione interattiva e creativa della cultura, che dovrebbe portare luoghi culturali ad una necessaria riflessione sulla creazione di nuove esperienze che includano arte e creatività, digitale e co-creazione.

Sono diverse le esperienze in Italia che raccontano di nuove motivazioni di visita e di hub culturali e creativi prima inesistenti, in spazi rinati e rigenerati grazie all’impegno e alla resilienza della comunità locale.

Progetti ad impatto sociale o con vocazione culturale, che non nascono nel turismo, che inconsapevolmente e in modo decisamente affascinante incontrano la nuova domanda e le sfumature dei viaggiatori moderni.

Arte Sella, in Trentino Alto Adige, è un vero e proprio parco artistico immerso nel verde. Il territorio montano è diventato lo scenario per la creazione di opere d’arte contemporanea site-specific che attira più di 80 mila visitatori l’anno da tutto il mondo, accompagnandoli in un percorso in natura ricco di cultura, rendendo la Val di Sella una destinazione turistica e creando Benessere e Bellezza diffusi.

Favara, in Sicilia, grazie al progetto Farm Cultural Park è diventata un vero e proprio museo a cielo aperto e una residenza per creativi ed artisti di tutto il mondo. Il processo di recupero culturale e creativo del centro storico ha reso Favara la seconda attrazione turistica più importante della provincia di Agrigento, che ad oggi attira più di 120 mila visitatori ogni anno.

Noi di Destination Makers abbiamo a nostra volta realizzato un modello di “destination design with impact” orientato al marketing, in cui la motivazione di visita è co-progettata con la comunità locale e si fonda sulla necessità di generare bellezza condivisa per attirare il nuovo viaggiatore.

Recharge in Nature”, la nostra campagna di marketing per un’area interna delle Dolomiti del Veneto, è stata lanciata anche per superare un momento complesso per la destinazione, la Tempesta Vaia, immaginando e costruendo insieme la ripartenza.

Abbiamo dunque valorizzato il potenziale locale con un tocco di creatività, disegnando una proposta che fosse una nuova motivazione per visitare le Dolomiti, puntando sul “perché” prima che sul “dove”, creando un’esperienza trasformativa che potesse in futuro essere gestita e commercializzata generando nuova economia locale.

La possibilità di vivere un soggiorno di totale disconnessione in un rifugio delle Dolomiti venete, aiutando la comunità locale dopo questo momento difficile, ha avuto un riscontro importante: più di 19mila persone da tutto il mondo si sono candidate emozionandosi per la possibilità di contribuire a ricreare la Bellezza attraverso la propria permanenza.

La Bellezza diventa dunque il driver di un nuovo modo di viaggiare e di accogliere. Intesa come wellbeing della comunità locale, costruita insieme, frutto di idee, necessità e visioni diverse che proprio grazie alla diversità con chi accogliamo si muovono e si contaminano.

Una Bellezza che, per affrontare concretamente le nuove sfide del mercato, necessita di un nuovo modello organizzativo, soprattutto nei territori più fragili.

Come descritto nell’articolo La base culturale dell’impresa sociale di Paolo Venturi, impresa sociale e cultura hanno bisogno di convergere, e l’intersezione è necessaria per non cadere nella trappola della “sindrome da basse aspettative”, che spesso affligge la cooperazione sociale, e per migliorare la propensione all’imprenditorialità.

Su questo tema, grazie all’esperienza maturata sul campo, con Destination Makers abbiamo cominciato a vedere una grande opportunità nella possibilità di aggiungere un ulteriore layer che stimoli le comunità locali a realizzare delle proposte di visita partendo da iniziative con finalità sociale e culturale.

Una ulteriore spinta verso l’imprenditorialità potrebbe infatti ridurre il gap tra le destinazioni potenziali e una domanda sempre più importante di viaggiatori alla ricerca di nuove mete, viaggi trasformativi, esperienze culturali e creative e dell’opportunità di donare una parte di loro stessi alla comunità locale.

Stiamo dunque lavorando, partendo da un territorio pilota, per creare un modello virtuoso ed ibrido che unisca sociale, cultura e visitor economy puntando alla sostenibilità economica per continuare ad innescare meccanismi virtuosi di creazione e condivisione di valore.

Una Bellezza che genera Bellezza, mostrando a residenti e visitatori un futuro che va oltre il turismo. Un futuro più sostenibile ed un viaggio educativo che cambia i territori in meglio. Perché creare destinazioni felici si può, e alla base di questo cambiamento ci sono sempre e solo le Persone.

ABSTRACT

Tourism as we know it is over. That’s what most people say, from Copenhagen’s marketing strategy to Airbnb CEO Brian Chesky. The question that arises is: “What happened to it?”. The shifts induced by recent global crises have led travellers to change the way they visit destinations, changing their needs first. Cultural, creative and proactive travelers are getting closer and closer to destinations that offer themselves in an authentic and engaging way. Destinations start reinventing themselves through shared wellbeing actions for the local community and temporary citizens by creating a widespread and shared Beauty through cultural and creative co-creation processes and purposeful governance models. Because you can create happy destinations and welcome careful travellers, and the changemaking process is always led by visionary people and their care for our world.

Emma Taveri, imprenditrice esperta in destination marketing e management ad impatto sociale con esperienza internazionale per importanti brand del travel. Lascia la carriera a Londra in TripAdvisor per fondare Destination Makers, società di consulenza impegnata nella valorizzazione delle destinazioni più fragili del nostro paese. Docente e speaker, coordina il tema “destination” nel Comitato Scientifico di BTO, principale evento sull’innovazione nel turismo in Italia. Ideatrice di “Recharge In Nature”, campagna di marketing per rilanciare un’area interna delle Dolomiti del Veneto che ottiene quasi 20mila candidature da tutto il mondo diventando un caso di studio internazionale.”

 

(Fonte: AgCult.it)