AgCult | Musei, Franceschini: possibile rafforzare forme di gestione mista pubblico-privato
Il ministro riconosce che i numeri dell’Art Bonus rappresentano un successo ma non bastano: “Le grandi aziende investano di più”
Non è necessario che ci “sia un’alternatività o una malsana concorrenza tra pubblico e privato” nella gestione dei musei. “Penso che sia possibile rafforzare ulteriormente delle forme di gestione mista”. A dirlo il Ministro della Cultura Dario Franceschini partecipando al Museo dell’Arte Classica della Sapienza dove è stata inaugurata la IV edizione di Ro.Me Museum Exhibition, la fiera su musei, luoghi e destinazioni culturali nel panorama italiano in programma fino al 19 novembre. Per il ministro è possibile innescare un meccanismo virtuoso di collaborazione, “non di sostituzione, con il pubblico che funziona e i privati che fanno bene il loro mestiere”. L’idea è quella di andare avanti in questa direzione, ma in Italia bisogna prima superare una “barriera ideologica” sul ruolo dei privati nella gestione, occorre trovare come in altri Paesi “un equilibrio perfetto tra servizi gestiti dal pubblico e dal privato”, ha spiegato.
A tal proposito ha confermato che il governo continuerà “nelle gare dei servizi aggiuntivi dei musei attraverso Consip e contemporaneamente stiamo rafforzando Ales, la società pubblica, che ha nella propria ragione sociale anche la possibilità di gestire direttamente anche i servizi museali”. Negli ultimi anni il governo “ha investito molto nelle Fondazioni per una collaborazione tra pubblico e privato anche nelle gestione dei musei”.
Intervistato dal giornalista Gianluca Comin (Comin&Partners), il ministro riconosce che i numeri dell’Art Bonus (strumento per introdurre un regime fiscale agevolato per le erogazioni in denaro a favore di enti e fondazioni culturali per interventi di restauro, manutenzione, realizzazione di nuove strutture) rappresentano un successo ma non bastano. 595 milioni di euro erogati e aggiornati a cinque giorni fa a 2.711 soggetti destinatari è un buon risultato ma “non c’è ancora quello che servirebbe, ovvero che le grandi aziende che esportano nel mondo grazie all’Italia investano di più, una parte del proprio utile per la tutela del proprio patrimonio culturale, adesso c’è lo strumento fiscale da usare”.
L’Italia è il Paese europeo che “ha investito più risorse in termini percentuali e assoluti per il settore culturale” nel suo piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR): quasi 7 miliardi destinati “all’ammodernamento della cultura e del settore, tra cui voci molto importanti”, un miliardo per il recupero dei borghi, 600 milioni sui casali e molte altre risorse destinate alle industrie di settore. Proprio l’investimento sul recupero dei borghi italiani “si proietta nel futuro, perché la digitalizzazione consentirà alle persone di lavorare nel luogo in cui si vuole vivere, anche se lontano fisicamente”, spiega il ministro. La pandemia – aggiunge – “ha rafforzato alcune tendenze già presenti nel mondo del turismo, i turisti non vogliono più solo viaggiare e vedere ma fare una esperienza”.
(Fonte: AgCult.it)