Senza Autorità, di Vincenzo Vita
Il clamore suscitato dalla pubblicazione delle tabelle dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sulle presenze politiche in televisione finirà dopo un breve fuoco fatuo.
La stessa Agcom, che pure merita critiche asperrime, è in uno stato di proroga che ne indebolisce la funzione. E lo stesso Ufficio del Garante dei dati personali, che molto ha fatto su materie diventate incandescenti, rischia di restare afono. Proprio ora che il quadro degli “Over The Top” è andato definitivamente a configgere con la legalità e a influenzare coscienze e scelte elettorali. Al punto che Tim Berner-Lee ha proposto un “contratto” per salvare il Web. Forse debole, ma almeno qualcosa si muove. Si vocifera che l’ultima data di proroga conosciuta – il 31 dicembre prossimo- non sia neppure l’ultima. Si potrebbe persino andare alla fine di aprile del 2020. È evidente che la tecnica del rinvio, già di per sé inquietante nelle vicende della pubblica amministrazione, contraddice il senso profondo delle Autorità. Queste ultime furono immaginate nelle loro leggi costitutive come entità terze e indipendenti, asimmetriche rispetto alle routine politiche. E neppure regge molto il concetto di “normale amministrazione” che, nel caso di tali organismi, non si capisce cosa sia. Le sanzioni contro la violazione della “par condicio” rientrano nella normale amministrazione? Sarebbe per lo meno bizzarro che l’Agcom non intervenisse per mettere in pratica una delle sue prerogative essenziali, vale a dire la tutela del pluralismo dell’informazione. Si potrebbero fare altri esempi, come l’istruttoria dei regolamenti applicativi delle direttive europee (copyright, codice delle comunicazioni elettroniche, servizi media audiovisivi) e così via.
Ma va aggiunta una considerazione generale. Di slittamento in slittamento c’è il pericolo concreto che il senso istituzionale delle autorità e la loro originalità nella fisionomia del sistema vengano meno. Con una lenta parabola discendente. E magari a un certo punto qualcuno ne potrebbe richiedere l’abolizione, con la stessa assenza di qualsiasi coinvolgimento emozionale che, da ultimo, ha segnato il taglio del numero dei parlamentari. La dittatura dell’istantaneita’ prevale e guida le scelte. L’assetto costituzionale segue. Non solo. Le autorità volevano essere un vero arricchimento del sistema, l’introduzione di un territorio diverso tanto dal potere esecutivo quanto dal legislativo. Luoghi di veloce intervento e di impegnata normazione “secondaria”. Certamente, tutto questo esigeva (ed esige) un vero dispiegamento dell’edificio democratico. Al contrario, se vince la cosiddetta “post-democrazia”, con i suoi tratti centralistici, sovranisti e autoritari, gli organismi indipendenti sono vissuti come un orpello inutile o -al più- a mo’ di un lusso eccessivo. La magistratura e l’informazione sotto attacco, il parlamento spesso marginalizzato, i partiti del capo, il governo delle cose spesso collocato fuori da Palazzo Chigi creano un contesto ostile alle autorità.
Dobbiamo rassegnarci? No, sarebbe grave e imperdonabile. Si approfitti, allora, delle proroghe, per rilanciare il dibattito pubblico sulla regolazione dell’universo mediatico e post-mediatico. E si istruisca l’elezione dei componenti delle autorità con audizioni delle candidate e dei candidati e un confronto di merito. E’ un appello alle persone consapevoli della delicatezza e della rilevanza della questione, che sono numerose, sia interne sia esterne alle istituzioni. E tuttavia troppo silenti. A proposito. Pur nel disinteresse generale, talvolta si legge qualche nome, persino di potenziali presidenti. Speriamo che sia solo gossip.
Vincenzo Vita