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AgCult | Industrie audiovisive e metaverso: prospettive ed aspettative di crescita

La presenza e la crescita dell’industria audiovisiva nel metaverso non è un se, ma un quando e un come. Quali strade stanno esplorando i big dell’intrattenimento per monetizzare la loro presenza nel Web 3.0 e quali nuove possibilità di fruizione si annunciano per il pubblico?

INDUSTRIE AUDIOVISIVE AL BIVIO

Per chi crea contenuti di intrattenimento è fondamentale essere dove il pubblico si trova, anzi anticipare i suoi spostamenti. La guerra per l’attenzione e il tempo della propria audience è salita di livello con l’affermarsi delle piattaforme OTT a pagamento, da Netflix a Disney+, da Prime Video a Paramount+, l’ultimo sulla rampa di lancio italiana. In altri spazi digitali i videogiochi hanno conquistato ulteriore terreno durante la pandemia e con la loro interattività sono gli unici metaversi al momento realmente abitati. Ricordiamo subito che ad oggi non esiste un unico metaverso, che è materia di diffuso dibattito se mai ne esisterà uno tale e che le esperienze virtuali interattive più diffuse e più utilizzate sono proprio i videogiochi.

Nel caso dei games più evoluti, è forte la tendenza ad inglobare al proprio interno le altre forme di intrattenimento e così trattenere i propri utenti in quello che considerano un vero e proprio universo, come nell’ormai esemplare caso del concerto del celebre rapper Travis Scott su Fortnite, uno dei videogiochi più amati al mondo. Nell’aprile 2020 l’evento è stato seguito da 12 milioni di persone e si presume un guadagno di 20 milioni di dollari tra il valore del contratto di Scott con la piattaforma e le vendita di merchandising. Durata del concerto: 9 minuti. Durata della preparazione: mesi.

Questi numeri hanno imposto a tutti i maggiori creatori di contenuti audiovisivi la domanda: come diventare un polo di attrazione e guadagno anche nel metaverso? Al momento i costi dello spostamento della competizione nello spazio on demand pesano (e non tutti ne usciranno vincitori), mentre le sale cinematografiche premiano blockbuster e franchise, che a loro volta condizionano i budget futuri. In particolar modo le franchise, ovvero i ‘marchi’ che possono essere sfruttati in vari formati (dal libro al cinema ai fumetti al teatro e altro ancora), richiedono impegnative pianificazioni pluriennali. Due facili esempi: Harry Potter e Toy Story.

Grandi investimenti in un altro nuovo spazio che molto promette, ma chissà quando e quanto renderà sono rischiosi, ma non si può restare indietro. Mentre si fanno e disfano business plan, la scelta più semplice è quella di iniziare ad apprendere il nuovo linguaggio coniando NFT ed assumendo gli esperti.

Per un approfondimento sui famosi e già famigerati non-fungible token rimandiamo in questa stessa rubrica a Valore e funzione reali degli NFT per il settore creativo e culturale di Claudio Calveri.

LE SCELTE DEI GRANDI GRUPPI INTERNAZIONALI: DISNEY

Per capire meglio le direzioni che l’industria potrebbe prendere, partiremo dalle case che hanno ‘inventato’ il cinema stesso, le major statunitensi, e da alcuni altri ‘soliti noti’.

La prima in termini di capacità di rinnovamento e di innovazione strategica è oggi Disney che con i parchi, il merchandising, l’OTT Disney+ e le franchise Principesse, Marvel e Star Wars è in costante dialogo con il proprio pubblico e ancor di più con le proprie fandom, ovvero le comunità di appassionati e appassionate che hanno il potere di influenzare scelte creative e commerciali con i loro acquisti fisici e online, la loro partecipazione a eventi, concerti, firmacopia, con le visite ai parchi tematici, con le infinite conversazioni sui social e le vere e proprie campagne pro e contro le scelte dei reali proprietari dei loro amati brand.

Fandom è quindi un concetto da tenere a mente ogni volta che si sentono le parole franchise e destinazioni, sottinteso di consumo, perché è questo il pubblico ingaggiato e spendente che le major vogliono portare o ritrovare nel metaverso.

Torniamo alle strategie di Disney: l’azienda si è fornita del suo primo responsabile generale in materia di metaverso a maggio 2022.

Il prescelto è stato Mark Bozon, proveniente da Apple Arcade, dove era Games Creative Director. A lui, VP of Next Generation Storytelling and Consumer Experiences, la responsabilità di far comprendere ed abbracciare il metaverso a tutte le divisioni del gruppo e di farle agire di concerto.

Disney ha dichiarato che il metaverso e il Web 3.0 sono “la nuova generazione dello storytelling”, quella virtuale, dopo le precedenti digitale e fisica. Allo stesso tempo non dimentica l’aspetto B2B (Business to Business) e si aspetta che la nuova tecnologia possa rendere l’azienda ancora più efficiente.

In precedenza Disney aveva lanciato collezioni NFT dedicate a Spiderman, Topolino, i Simpsons e l’universo Marvel insieme con VeVe, società specializzata in collezionabili digitali.

Evidente quindi il cambio di passo delle priorità, come confermato dalle dichiarazioni del CEO Bob Chapek che ha definito il metaverso come l’arrivo della terza dimensione per i team creativi e che non ha mancato di chiedere retoricamente: “Se il metaverso è la fusione del fisico e del digitale in un unico ambiente, chi può farlo meglio di Disney?”. Il mercato intanto si pone una domanda chiave: ma in quale metaverso ovvero quale piattaforma sarà scelta? Forse una nuova (costosa) piattaforma proprietaria?

LE SCELTE DEI GRANDI GRUPPI INTERNAZIONALI: WARNER, PARAMOUNT E LE ALTRE

Il competitor storico Warner Bros., nel frattempo divenuto il superagglomerato Warner Bros. Discovery, condivide con Disney l’esperienza nei contenuti di realtà virtuale promozionali, i videogiochi e gli NFT, come la collezione Looney Tunes di questo giugno creata con la piattaforma Nifty’s, uno dei più importanti marketplace del settore. Per una strategia più articolata bisognerà probabilmente attendere che il nuovo gruppo consolidi i propri obiettivi.

Paramount ha creato con la piattaforma Recur la destinazione Paramount.xyz, della quale la franchise Star Trek è la pietra angolare. Non a caso ad aprile avevano lanciato la prima collezione di NFTs dedicata alla fandom multigenerazionale dei trekkers.

Passando a Sony, che con la sua divisione Games ha da tempo esperienza diretta di multimondi, non sorprenderà la dichiarazione dell’azienda di “sentirsi pronta ad essere alla guida del metaverso dell’intrattenimento”, che descrivono come “uno spazio sociale e di networking dove giochi, musica, film e animazione si intersecano e si espandono”.

NBCUniversal del gruppo Comcast sta invece esplorando le potenzialità della realtà aumentata per connettere consumatori, contenuti e brands. Dal canto loro avvisano che non si lanceranno nel metaverso solo perché è di moda, ma che a guidarli sarà il potenziale valore aggiunto per i propri IPs.

ALTRE SCELTE SIGNIFICATIVE

Tra i nuovi players, Netflix ha identificano nei videogiochi la propria porta di accesso alle opportunità interattive: ha acquistato alcuni piccoli sviluppatori (Night School, Next Games, Boss Fight Entertainment) e assunto l’anno scorso Mike Verdu, già VP Augmented Reality & Virtual Reality Content a Meta (ovvero Facebook) per prepararsi la strada. Con Black Mirror: Bandersnatch nel 2018 aveva invece testato l’interesse dei propri abbonati per esperienze interattive, senza però dare seguito.

Lionsgate ha preferito un accordo con il metaverso The Sandbox e creare una destinazione per film e serie TV tra mercato immobiliare e parco divertimenti, dove i fans possano creare, giocare, esplorare i titoli più amati della cosiddetta ‘piccola major’ in nuove forme. I primi ad arrivare ad Action City (questo il nome della Lionsgate-land) saranno le franchises di Hellboy, Rambo: Last Blood e I mercenari – The Expendables.

Le società più piccole stanno invece ragionando su come la blockchain possa creare nuove forme di finanziamento partecipativo e sui vantaggi di tracciabilità, immutabilità, trasparenza e proprietà dei diritti intellettuali in una sorta di evoluzione 3.0 del crowdfunding.

Intanto è già disponibile Cineverse, piattaforma online dove distribuire, comprare, vendere contenuti attraverso NFT.

NON SOLO GRANDI GRUPPI

Non solo le aziende audiovisive, ma anche coloro che creano i contenuti si stanno muovendo in prima persona nei nuovi spazi virtuali: grande o piccolo che sia il loro seguito, contano anche sull’euforia degli early adopters e degli investitori virtuali.

Il primo film in assoluto che sarà distribuito solo sotto forma di NFT è l’annunciato a breve Killroy Was Here di Kevin Smith, che darà pieni poteri ai suoi acquirenti di trasformazione e distribuzione del prodotto stesso.

Ridley Scott sta invece finanziando con la vendita di NFT il suo progetto The Infinite Machine sulla genesi e affermazione di Ethereum (la piattaforma e la criptovaluta), basato sull’omonimo libro di Camilla Russo.

Tutti questi NFTs garantiscono sorprese, bonus, rarità e collezionabilità, puntando proprio sulle fandom e divenendo di fatto gli eredi delle figurine Miralanza, degli ovetti Kinder e degli easter eggs dei DVD.

Dal punto di vista della fruizione del contenuto si parla invece di ologrammi in salotto (come già immaginato da Isaac Asimov negli anni 50) e di appuntamenti nella sale cinema nel metaverso (come in un video party con avatars).

Fin qui, nonostante tutta la nuova terminologia, la sensazione del remake 3.0 di esperienze consumer già tentate è molto forte.

QUALE FUTURO ASPETTARSI

Per evoluzioni più innovative, torniamo al top metaverse officer di Disney ovvero il signor vice presidente di Next Generation Storytelling and Consumer Experiences, che nella sua carica ha tutte le parole chiave del momento.

Ripassiamo l’assunto del metaverso B2C (Business to Consumer): un nuovo storytelling creerà esperienze immersive inedite e soddisfacenti come mai altra creazione artistico-commerciale prima. Dal costruirsi il proprio palinsesto digitale (video on demand, gaming, propri contenuti video, etc.) passeremo a fabbricarci il nostro angolo da demiurghi e demiurghe con i mattoncini virtuali che i big players ci forniranno, previo loro acquisto e bollino verde dei team legali.

Come nel passaggio dal telefono a disco allo smartphone, le nostre relazioni sociali ne risulteranno mutate e nuove professioni prenderanno piede come il/la virtual fashion designer, che potrà abbigliare performers ancora di carne su di un set virtuale, ma anche il nostro avatar che si appresta a recarsi a una festa, un concerto o magari al cinema.

Ma soprattutto si potrà interagire direttamente con gli/le artiste così come godersi il film entrandovi dentro o ancora adottando la soggettiva di un/a protagonista. Sempre che, immaginandoci dentro un Fast & Furious VR, il brivido travolgente della corsa non venga annientato dalla nausea delle curve a gomito.

TECNOLOGIA E FISIOLOGIA

Tema tutt’altro che secondario per il successo del nuovo storytelling è la reazione del nostro corpo ai nuovi stimoli. Non è un caso se la durata delle esperienze di realtà immersiva ad oggi tende a non superare i 30 minuti. I devices a disposizione non sono ancora in grado di garantire un’esperienza gradevole e la fatigue è presto in agguato. Meta, Google, Apple in primis spingono per nuovi strumenti e dai loro laboratori di sviluppo dipende l’evoluzione tecnologica e audiovisiva. Mancano però ancora 5 o 10 anni alla soluzione, come avvisa Ruth Bram, produttrice esecutiva per Oculus (Meta).

A PROPOSITO DI UTOPIE

Nel metaverso ideale ci dicono che saremo creatori, creatrici, pubblico, performer, frequenteremo persone dai gusti affini senza limiti geografici o fisici, giocheremo con i brand nei quali ci riconosciamo, vivremo dentro le franchise che amiamo, godremo di nuova, inaudita libertà grazie alla decentralizzazione e alla disintermediazione. Come avrebbe voluto il Web 2.0 ovvero l’Internet che non si aspettava il trionfo dei gatekeepers di oggi, pronti a recintare anche il futuro (uno a caso: Meta).

Un’utopia sicuramente più rassicurante della distopia panem & circenses di Ready Player One, il film diretto da Steven Spielberg nel 2018. Un must-watch sull’argomento. L’omonimo libro di Ernest Cline da cui è tratto il film già immaginava nel 2010 che per sfuggire all’inquinamento e alla sovrappopolazione nel 2045 ci si rifugi nel mondo virtuale OASIS, proprietà di un singolo magnate geniale e deceduto che affida la sua eredità a chi troverà…un easter egg! Corporazioni criminali e gamers di gran cuore si sfidano e muoiono (non solo virtualmente) con grande impiego di VFX.

Quale che sarà lo sviluppo del metaverso, l’intrattenimento ne sarà parte integrante. Tutto da vedersi invece quali saranno i players vincenti.

(Fonte: AgCult.it)