Home News Cultura “VOLONTARIATO E LAVORO NEI BENI CULTURALI”. Intervento di Giovanna Barni, vicepresidente vicario di CulTurMedia

“VOLONTARIATO E LAVORO NEI BENI CULTURALI”. Intervento di Giovanna Barni, vicepresidente vicario di CulTurMedia

In relazione al tema del volontariato, così come emerso dalle ultime vicende relative ai 22 volontari della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma1, e partendo anche dalle riflessioni del prof. Montanari espresse nell’articolo apparso su La Repubblica lo scorso 25 maggio, la cooperazione del settore intende riaffermare la propria posizione.

Nel farlo si appoggia sia ai principi espressi dalla Convenzione di Faro – in cui oltre al principio di diritto all’eredità culturale viene sancito anche quello della responsabilità – , sia agli articoli del nostro Codice dei beni culturali e del paesaggio (Art. 112 comma 8) in cui  viene dichiarata l’importanza del pluralismo nella partecipazione per la valorizzazione, con attività di promozione e diffusione della conoscenza, anche da parte della società e dei cittadini.  Principi e norme fondamentali che  in un paese come il nostro con un patrimonio così grande e diffuso, possono rappresentare l’unico strumento per una cura condivisa e partecipata delle risorse culturali a partire dalle comunità e dai cittadini. 

Il volontariato, tuttavia, non può essere utilizzato come strumento sostitutivo rispetto alle professioni che stabilmente occorrono all’organizzazione e al trasferimento della conoscenza, alla tutela e alla fruizione del patrimonio, professioni che necessariamente richiedono formazione, qualità e competenze, indipendentemente dal fatto che siano direttamente gestite dalle istituzioni pubbliche o affidate a imprese specializzate;  il volontariato, perciò, non può essere suppletivo al lavoro e creare una forma di precariato sotto mentite spoglie, divenendo concorrenziale rispetto a servizi che potrebbero essere correttamente esternalizzati  ed erogati da vere cooperative specializzate.

Viceversa, in una visione più ampia di partecipazione responsabile, improntata alla coesione sociale e alla sussidiarietà,  anche il volontariato potrebbe concorrere con un apporto più consono alla propria natura. Si pensi al lavoro che la cooperazione sta portando avanti con il Forum del Terzo Settore per il riconoscimento dell’impresa culturale. O, piuttosto, ad iniziative più allargate come l’ “Appia Day”  o le consolidate e ultra partecipate Giornate del Fai, quando nella collaborazione tra istituzioni centrali, amministrazioni comunali, associazioni di livello nazionale (Legambiente, ItaliaNostra, Touring Club Italiano, FederTrek per dirne alcune), associazioni dei territori e imprese private, ciascuno per la propria parte, e secondo la propria mission,  contribuisce a creare partecipazione,  inclusione sociale e animazione territoriale.

Purtroppo il carattere sporadico ed episodico di queste iniziative non consente la messa a sistema di queste catene di collaborazione virtuose che potrebbero esaltare le risorse culturali e produttive dei territori.

Certo, si potrebbe obiettare che in questo modo i servizi  e in più generale la gestione del patrimonio costerebbe di più, ma occorre ricordare che non esiste costo maggiore della emarginazione dei giovani, della disoccupazione intellettuale e della rinuncia ad uno sviluppo economico seppure no profit del settore!

In questo ambito la Cooperazione può fare molto: ad esempio progettare e realizzare forme corrette di collaborazione pubblico-privato che uniscano al radicamento territoriale la finalità del lavoro stabile e qualificato, pur nella tipicità di un settore in cui vanno tenute in conto anche le caratteristiche di flessibilità e stagionalità  (motivo per il quale  si stanno studiando contratti ad hoc).

La cooperazione può fare molto anche con il volontariato con cui si può  avere una corretta sinergia, così come dimostrato da numerosi progetti coordinati e realizzati con il Servizio Civile Nazionale, come quello in corso nell’Area Archeologica Centrale di Roma in cui i ragazzi sono stati appositamente formati per realizzare un sistema integrato di accoglienza e fruizione per categorie svantaggiate. Per questo occorrerebbe una pianificazione e un coordinamento strategico, importante e auspicabile, da parte della Pubblica Amministrazione, per evitare che, nella confusione e approssimazione degli interventi, si rinunci ai migliori contributi che potrebbero dare la cittadinanza e la società.

Giovanna Barni, vicepresidente vicario di CulTurMedia

1Legge n. 266/1991
Legge nazionale concernente la disciplina delle organizzazioni di volontariato e del volontariato, definito come attività prestata in modo personale, spontaneo, gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indirettamente ed esclusivamente per fini di solidarietà.