Home News Cultura Il ruolo che la cultura dovrà giocare nella formazione del nuovo governo. Il contributo su Artribune di Giovanna Barni, presidente CulTurMedia

Il ruolo che la cultura dovrà giocare nella formazione del nuovo governo. Il contributo su Artribune di Giovanna Barni, presidente CulTurMedia

Mettere al centro la cultura e lavorare insieme al meglio, ciascuno con le proprie risorse, capacità e competenze. Il contributo di Giovanna Barni al dibattito in corso pubblicato su ARTRIBUNE in merito alle riforme e politiche per la cultura e i beni culturali.

Giovanna Barni, presidente di CoopCulture e CulTurMedia, dice la sua sul ruolo che la cultura dovrà giocare nella formazione del nuovo governo. Individuando nelle cooperative un interlocutore utile a consolidare il dialogo fra territorio, istituzioni e comunità.

La complessa, e non ancora del tutto dipanata, crisi d’agosto non può allontanare l’attenzione dai temi della cultura, sin troppo trascurati nel dibattito pubblico. Il superamento della stessa sarà tanto più efficace quanto consapevole della centralità della cultura, che dovrebbe quindi essere un fattore programmatico rilevante in quanto, probabilmente, l’unico in grado di creare nel contempo condizioni di crescita economica e sviluppo sociale.
Dal mio punto di vista e da quello del sistema cooperativo voglio sottolineare come l’apertura di un lavoro su temi importanti non vada vanificata. Penso innanzitutto al pilastro europeo della governance partecipata del patrimonio diffuso, alla base dell’Anno Europeo del Patrimonio ma anche dei tanti confronti territoriali condotti dalla Commissione reti territoriali e sistemi museali e che sarebbe confluito in una probabile revisione del Codice dei Beni Culturali, e penso anche al percorso altrettanto trasversale che ha portato al disegno di legge sul sostegno e la promozione della lettura: entrambi temi fondamentali per il contrasto alla povertà educativa e culturale del Paese, al degrado e all’abbandono di tante aree e per la crescita di una sana imprenditività culturale e creativa, all’interno della quale la cooperazione del settore occupa un ruolo importante in quanto specializzata, vicina ai cittadini, diffusa e sostenibile.
Oltre al carattere trasversale ed europeo di tali provvedimenti, mi sembra importante sottolinearne l’approccio olistico e organico e l’attenzione alla concretezza delle buone pratiche.

IL DECRETO

Infatti il ddl “Disposizioni per la promozione e il sostegno della lettura” è un importantissimo traguardo che ha anche il merito di aver introdotto per la prima volta un metodo organico nella trattazione della materia: il medesimo testo normativo affronta non solo il tema del sostegno all’intera filiera del libro, dalla produzione alla distribuzione, ma anche quello della promozione della lettura, puntando sulla sussidiarietà territoriale, a partire dai piani regionali, e con attenzione ai giovani e alle fasce più deboli delle comunità.
Rispetto poi alla governance dei beni culturali, anche i recenti contestati interventi ministeriali di riforma, così come quelli precedenti, si sono concentrati, in maniera più o meno autoreferenziale, sugli aspetti organizzativi e di funzionamento dei soggetti istituzionali  (titolarità dei poteri, livelli di autonomia, ecc.), generando spesso opposti schieramenti su ruoli e modelli organizzativi e minore confronto, invece, sulle strategie di sistema che in concreto possono contribuire alla messa a valore del patrimonio, quale fattore di identità culturale ma anche elemento di welfare, di coesione sociale e di sviluppo sostenibile per i territori.
La sopracitata commissione – attraverso le audizioni tenute lungo la Penisola ‒ aveva già fatto emergere che sono tanti e diversi i soggetti che contribuiscono ai livelli attuali, seppure talvolta minimi, di messa a valore del patrimonio diffuso: enti e comunità locali, cooperative e soggetti del terzo settore, imprese del territorio, rendendo evidente che di fatto la valorizzazione è una “materia concorrente” alla quale  possono e devono contribuire non solo i diversi livelli istituzionali ma anche gli attori sociali. Queste forme partecipate mancano però, ancora oggi, di un supporto adeguato, non tanto e solo finanziario, ma soprattutto in chiave di regolamentazioni speciali e semplificate e anche di dotazioni di infrastrutture di rete, fisiche e digitali, che non possono non tener conto dei fabbisogni dei diversi contesti territoriali e delle diverse vocazioni culturali.

In altre parole quello che servirebbe è un cambio di sguardo perché in questo settore il fuoco sia spostato da “chi fa cosa” al “come” fare insieme al meglio, ciascuno con le proprie risorse, capacità, e competenze, investendo seriamente soprattutto su quelle competenze innovative in grado di attivare forme di gestione plurali, coinvolgere nuovi pubblici e alimentare la creatività. Solo così si potrà dare sostanza a una strategia di sviluppo sostenibile per i territori a base culturale e creativa che possa contrastarne l’impoverimento ‒ intellettuale o materiale ‒ e creare nuova occupazione qualificata. In questa sfida le cooperative sono pronte a svolgere la loro funzione di cerniera sociale, partecipando attivamente ai tavoli di programmazione e a tutte quelle sperimentazioni che nei territori possano creare relazioni di valore tra istituzioni culturali, operatori, organizzazioni sociali e comunità.

Giovanna Barni

(Articolo pubblicato su Artribune di sabato 31 agosto 2019 con il titolo “Cultura e crisi di governo. Il punto di vista delle cooperative di settore”)