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PsPP: non c’è parteneriato per i beni culturali se non c’è fundraising

Vi raccontiamo il fundraising e lo facciamo a modo nostro, di Massimo Coen Cagli – 30 settembre 2020

Lo premetto, è un post lungo e articolato e ve ne chiedo scusa. È necessario se però si vuol capire come sfruttare al meglio l’occasione fornita dallo strumento del Partenariato Speciale Pubblico Privato per la cultura previsto dall’art.151 del Codice degli Appalti per restituire alla fruibilità completa i nostri tanti beni culturali. La tesi che espongo di seguito è che tali partenariati rischiano il fallimento se al centro della progettazione non viene messo anche il fundraising, condividendo tra tutti i partner la responsabilità di farlo.

Di recente, per iniziativa di ANCI, nel “Decreto Semplificazioni” è stata introdotta una norma che consente di attivare partenariati speciali pubblico-privato (PsPP) anche per beni affidati agli enti territoriali (Comuni e Regioni) e non solo allo Stato. In altre parole, con questo provvedimento, in Italia si apre un’enorme possibilità di recuperare e valorizzare un’ingente quantità di patrimonio culturale che oggi giace più o meno abbandonato a se stesso, grazie al coinvolgimento di soggetti privati i quali, in partnership con enti pubblici proprietari dei beni, si dotano di un progetto di recupero e valorizzazione restituendoli all’uso della comunità per attività culturali.

Ricordiamo sempre che in Italia, su 200.000 beni culturali, solo il 27% è utilizzato. Molti di questi beni sono stati restaurati ma non sono fruiti e quindi perdono valore d’uso per la comunità.

Il PsPP per la cultura è una cosa ben diversa da strumenti ordinari quali la concessione o l’alienazione del bene. Questi ultimi approcci hanno influito in misura ridotta sotto il profilo della fruibilità da parte della comunità, poiché sono legati ad una logica di sfruttamento commerciale. Quando si è scelto di adottarli, si è arrivato anche a cambiare l’originale funzione d’uso del bene (monumenti trasformati in alberghi, ad esempio) o comunque si è trattato di mera esternalizzazione della gestione vista l’insufficienza delle risorse pubbliche (puntando al ribasso dei costi ed eliminando gli investimenti). Sono strumenti estremamente rigidi che non prevedono una reale co-progettazione non solo del recupero dei beni ma, soprattutto, della loro valorizzazione e dell’uso da parte della comunità.

Proprio per la sua natura partecipativa e progettuale e per lo scopo primario di far ritornare questi beni dei “beni comuni”, lo strumento del PsPP per la cultura offre la possibilità di utilizzare al meglio le risorse private nell’opera di recupero e valorizzazione del bene, anche perché sostenuta dal meccanismo dell’Art Bonus, che offre vantaggi fiscali non indifferenti a coloro che intendono sostenere un progetto.

Proprio qui entra in gioco il fundraising, il quale diventa la principale strategia di sostenibilità economica di questo tipo di partenariati, potendo utilizzare una pluralità di strumenti diretti a individui, aziende e fondazioni (dal mecenatismo, all’investimento sociale, alla sponsorizzazione, ecc.).

Splendido! Ma… c’è un “ma”

Esiste il rischio che questa straordinaria opportunità si perda se, all’interno dei partenariati, il fundraising non viene preso in considerazione come un degli elementi essenziali della co-progettazione.

In tal caso, alla parte economica del PsPP si applica una vecchia logica concessoria, secondo cui la Pubblica Amministrazione concede l’uso del bene a patto che il concessionario si faccia totalmente carico di trovare le risorse. Se questa logica può funzionare per un bene che viene messo a mercato, lo stesso non si può dire per per tutti quei beni che non prevedono uno sfruttamento commerciale. Ciò equivale a lasciare senza risorse adeguate il progetto.

Se parliamo di co-progettazione, la logica deve essere che ‘pubblico’ e ‘privato’, avendo un progetto comune, debbano essere pariteticamente responsabili, seppure con ruoli diversi, anche del reperimento delle risorse economiche, ossia del fundrasing.

Possiamo quindi affermare che, se non c’è ideazione e progettazione del fundraising all’interno dei PsPP, tali partenariati sono a forte rischio di fallimento

Scrivo tutto ciò anche e soprattutto sulla base dell’esperienza condotta dalla Scuola di Fundraising di Roma con il Teatro Tascabile di Bergamo, co-titolare con il Comune del primo PsPP in Italia. Il percorso si trova ad un livello avanzato di implementazione (pochi altri sono ancora in fase di concepimento). Qui potete approfondire il progetto, che riguarda il recupero di un ex monastero e la sua restituzione all’uso da parte della comunità come spazio culturale oltre che come sede del Teatro.

Molti si chiedono come questo progetto sia riuscito a giungere quasi al suo completo compimento (almeno per una prima fase dell’intervento). È stato possibile grazie al fatto che il Teatro Tascabile di Bergamo ha impiegato risorse umane, professionali, organizzative sul fundraising, avviando un programma complesso di reperimento di aziende e persone che hanno messo risorse per sostenere i costi di restauro e ristrutturazione, anche utilizzando l’Art Bonus. Senza questa linea di fundraising che, nonostante l’emergenza Covid-19, ad oggi ha quasi raggiunto l’obiettivo di 250.000 euro, il progetto sarebbe probabilmente rimasto incompiuto

È quindi il fundraising, accanto ad un impianto giuridico e amministrativo che faciliti gli interventi, a fare la differenza nella possibilità di successo dei Partenariato Speciale Pubblico Privato.

L’unico problema (con il senno di poi) è che nel partenariato la definizione e l’attuazione di una strategia di fundraising siano esclusivamente a carico del soggetto privato (quasi sempre non profit) e quindi non oggetto di una reale corresponsabilità tra i partner. Questo errore va evitato a tutti i costi perché riporta ad una vecchia logica che vede il settore pubblico mettere a disposizione i beni e quello nonprofit (cooperativa culturale o associazione) sobbarcarsi da solo la sfida di trovare fondi. Ciò può portare anche ad una concorrenza interna tra l’azione di fundraising, che giustamente un comune o una regione devono fare per sostenere le proprie attività culturali, e l’attività di fundraising per il bene oggetto del partenariato, posto che gli interlocutori privati del territorio sono in gran parte gli stessi (una fondazione, le aziende, la comunità).

È essenziale che si faccia tesoro di questo “paradosso” per evitarne il ripetersi in futuro, pena l’indebolimento della politica di PsPP per la cultura.

Ben venga, perciò, il PsPP ma a patto che gli attori pubblici e le organizzazioni culturali che si candidano a proporre progetti di partenariato siano consapevoli dell’importanza del fundraising. Per fare questo sono necessari la formazione dei soggetti e l’accompagnamento allo start up del fundraising, posto che nella galassia del settore culturale italiano il fundraising ha ancora un ruolo secondario e di supplenza della finanza pubblica.

Può andare in questo senso l’iniziativa dell’Alleanza delle cooperative culturali, che il 14 ottobre lancerà una ‘call’ finalizzata alla valorizzazione del patrimonio culturale pubblico secondo un approccio di co-progettazione pubblico-privato

Qui di seguito trovate il video della presentazione della ‘call’ durante Artlab 2020 (tenutosi a Bergamo nel mese di settembre).

La ‘call’ è rivolta alle tante cooperative che operano nel settore della cultura e si propone di dare avvio a progetti innovativi di gestione del patrimonio pubblico, attuabili attraverso nuovi strumenti normativi. Se in questo processo il fundraising giocherà finalmente un ruolo centrale, allora saremo davvero davanti ad una grande opportunità di sviluppo del settore culturale, anche dei centri minori, e dei tanti indotti legati alla cultura.

Non basta, però. Occorre anche la creazione di un ambiente favorevole all’attuazione del fundraising. Ciò vuol dire che le amministrazioni statali e locali devono eliminare i tanti ostacoli e le farraginosità che rendono difficile fare raccolta fondi (le abbiamo messe tutte in evidenza nell’evento “+Fundraising +Cultura” del 2019, stilando un elenco di ostacoli che puoi scaricare dal sito www.fundraisingperlacultura.it) e devono investire in formazione dei funzionari pubblici che si dovranno occupare dei PsPP.

(Fonte: www.scuolafundraising.it/pspp-parteneriato-beni-culturali-fundraising/)