Home News Comunicazione Edizioni All Around: per la Festa di Liberazione in uscita “Il giornalista partigiano”

Edizioni All Around: per la Festa di Liberazione in uscita “Il giornalista partigiano”

Nell’anniversario della Festa di Liberazione è in uscita per le edizioni All Around Il giornalista partigiano. Il libro è il frutto delle lunghe conversazioni che l’inviata del Tg La7 Silvia Resta ha avuto con Massimo Rendina pochi anni prima della sua morte, nel febbraio del 2015. Rendina, che era allora vicepresidente dell’Anpi di Roma, consegna alla cronista un prezioso testamento sul mestiere di giornalista e sul suo ruolo di servizio pubblico.

Il giornalista partigiano è un’analisi appassionata e a tratti cruda sullo stato della professione nel nostro Paese, sulla anomalia di un sistema dell’informazione che vede l’assenza di editori puri e l’invadenza del potere politico, la lottizzazione sfrenata delle poltrone che contano. Ma anche sui limiti di una categoria che negli anni del passaggio dalla dittatura alla democrazia ha visto parecchie “firme”, anche illustri, riciclarsi e passare con un giro di valzer dalla camicia nera all’antifascismo o addirittura alla camicia rossa.

«Noi partigiani pensavamo che una informazione libera, completa e soprattutto indipendente dai vari poteri sarebbe stata la piattaforma, la base, il pane per la nuova democrazia» racconta “Max il giornalista”, questo il nome di battaglia di Rendina nella Resistenza. Quella spinta alla partecipazione attiva dei cittadini, scritta nella Costituzione del ’48 «si è andata via via diluendo nel tempo. Fino, oggi, a mancare quasi del tutto».
La storia si dipana dal 1945 agli anni del berlusconismo imperante, con le sue leggi bavaglio e gli editti bulgari. Un cinquantennio di vita italiana in cui troviamo i nomi più importanti della politica – Togliatti, Moro, «il più grande leader che l’Italia democratica abbia avuto», Fanfani, Tambroni – e del giornalismo: da Sergio Zavoli a Indro Montanelli, da Ruggero Orlando a Ugo Zatterin, a Bruno Vespa.  

Il limite del giornalismo italiano è quello nel suo «asservimento al potere. Un vizio che c’è sempre stato», racconta Rendina in Il giornalista partigiano. E ricorda di quando Tambroni lo cacciò dalla Rai accusandolo di essere «comunista», solo perché si era rifiutato di mandare in onda un servizio su Rachele Mussolini che il giorno della Befana avrebbe consegnato dei doni ai bambini. Rendina tenne la schiena dritta, disse di no e quando la pellicola di quel servizio arrivò in redazione prese le forbici e la tagliuzzo. Successe il finimondo.  
Eppure, nonostante tutto, Rendina in queste conversazioni manifesta un amore sconfinato per la professione giornalistica, quella che si impara non solo nelle scuole ma passando le notti in Questura a cercare “la notizia”.  La tessera dell’Ordine dei giornalisti l’ha rinnovata fino all’ultimo. «Perché faccio il giornalista? Per dire le cose come stanno».

Info: edizioniallaround.it