Kashimashi apre la Stagione di Teatro Nucleo nella Giornata mondiale contro la violenza sulle donne
Inizierà mercoledì 25 novembre 2020 la Stagione teatrale Le Magnifiche Utopie, organizzata da Teatro Nucleo per nutrire i sogni e le visioni, per sostituire la parola cura alla chiusura. Pensata per essere realizzata in presenza al Teatro Julio Cortàzar (via della Ricostruzione 40, Pontelagoscuro – Ferrara) in dodici appuntamenti fino a maggio 2021, la Stagione teatrale Le Magnifiche Utopie si aprirà con Kashimashi, di e con Natasha Czertok, nuova tappa della stratificata ricerca sugli stereotipi del femminile condotta dalla regista e attrice di Teatro Nucleo. Fino a quando non sarà nuovamente possibile aprire il teatro al pubblico, Teatro Nucleo realizzerà la Stagione individuando forme alternative di fruizione, per continuare a prendersi cura degli spettatori, del proprio territorio, del Teatro Julio Cortàzar, sempre aperto e vivo anche in un momento in cui il suo spazio fisico non può essere attraversato.
Kashimashi, in un adattamento video realizzato appositamente per l’occasione, sarà quindi trasmesso mercoledì 25 novembre alle ore 19 dalla pagina Facebook di Emilia Romagna Creativa – il portale della Regione Emilia-Romagna sugli eventi e i temi della vita culturale regionale – e su Lepida TV grazie alla collaborazione dell’Assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna.
Kashimashi
Si pone in un’articolata riflessione sulla rilevanza dell’arte per la società, la scelta di aprire Le Magnifiche Utopie il 25 novembre – Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – con Kashimashi, adattamento il per video della perfomance di teatro-danza che nasce da un’indagine partecipata sugli stereotipi del femminile. Il titolo stesso trae origine da uno stereotipo: kashimashi è una parola giapponese che significa infatti “rumoroso, caotico”, eredità di una visione tradizionale che vorrebbe un capannello di donne come origine di confusione e disordine. Una ricerca iniziata in pieno lockdown a partire dallo studio sulla storia, le politiche, le carriere femminili intrecciate con i vissuti della regista e attrice di Teatro Nucleo, madre di due figlie, una delle quali di pochi mesi quando l’esplorazione performativa ha avuto inizio. Natasha Czertok ha quindi proseguito l’indagine coreografica sul campo ponendo a un gruppo eterogeneo – per età, sesso, appartenenza etnica e sociale – la domanda “In quale stereotipo ti riconosci?” e filtrandone le risposte attraverso uno studio sul movimento. Le risposte sono arrivate in forme diverse – autoritratti, immagini trovate in rete, disegni, poesie, canzoni – trasformandosi in una sorta di laboratorio virtuale che ha ampliato i temi al centro dell’indagine.
Kashimashi è un lavoro solitario e collettivo al tempo stesso, sia per i contributi da cui si origina sia per la relazione virtuale con il coreografo argentino Marcos Ariel Rossi della Compagnia Foramen Danza (Messico), con cui Natasha Czertok si è allenata a distanza, ha attivato un confronto quotidiano sui materiali che nascevano e che venivano condivisi in remoto, attraverso la distanza.
«Mi è apparsa chiaramente l’immagine di un femminile la cui sostanza è fatta di ascolto, di percezione della vita nella sua interezza: seguire l’intuito, i piccoli segnali quotidiani, il caso. Con una buona dose di autoironia, indispensabile quando si approccia un lavoro sugli stereotipi.
Ho iniziato a tenere un diario e ad appuntarmi le immagini che mi apparivano davanti agli occhi senza essere chiamate, trascrivere testi dai libri che mi capitavano tra le mani, creare collegamenti tra i contributi giunti in risposta alla mia lettera. I collegamenti e le immagini sono diventate gesti e segni che ho iniziato a mettere a sistema in una coreografia».
Nel rapporto di creazione a distanza si situa anche il paesaggio sonoro di Kashimashi, composto dal musicista elettronico Vincenzo Scorza, sound designer per la danza e per il teatro della scena contemporanea, di cui è stato finalista ai Premi UBU 2018. Nelle partiture sonore di Kashimashi si intrecciano anche alcuni contributi audio arrivati dalle persone interrogate, articolati nella forma di segmenti, frammenti di un discorso che evoca senza narrare.
«Mi sono imbattuta negli ambienti sonori creati da Vincenzo Scorza, scultore di suoni che sa introdurre nei suoi pattern elementi anche molto dissomiglianti, talvolta discordanti, con risultati inattesi e raffinati che mi sono sembrati calzare perfettamente con le azioni che si andavano delineando».
L’urgenza di Kashimashi è nata durante i numerosi brainstorming preparatori al progetto europeo Women Performing Europe, che si sviluppa in continuità con Magdalena Project, il movimento internazionale che dagli anni ’80 intesse una rete dinamica interculturale basata su teatro e performance, per facilitare la discussione critica, il sostegno e la formazione delle donne.
«Ho partecipato di persona agli albori del Magdalena Project grazie a mia madre, Cora Herrendorf, che mi portava con sé ai meeting da cui è scaturito quel movimento. Un anno fa, l’attrice brasiliana Barbara Luci Carvalho mi ha invitata a proseguire quella storia attraverso una rinnovata riflessione. Mentre parlavo al telefono con Barbara tenevo in braccio Noemi, la mia seconda figlia, che allora aveva tre mesi. E in questa immagine si sono condensate le domande aperte – antiche e nuove – sulla reale possibile conciliazione tra l’essere madre e il lavoro», racconta Natasha Czertok. Istanze che l’arte approfondisce e veicola, nel primo appuntamento della Stagione teatrale Le Magnifiche Utopie.
Le Magnifiche Utopie
Le Magnifiche Utopie è il nome che Teatro Nucleo a partire dalla prima metà degli anni Ottanta ha dato alla propria progettualità inerente al teatro negli spazi aperti. Parte di questa storia è anche l’immagine scelta per la Stagione che – nello scatto, riattualizzato, di Luca Gavagna – ritrae Paolo Nani in Spagna, a Castilla de la Mancha, nel 1988 in una tournée di Teatro Nucleo dedicata agli spazi aperti. “Aperti” sono tutti quegli spazi fisici e spirituali, privati o istituzionali, emotivi e immaginari che sentono la necessità di aprirsi alla bellezza, alla poesia, all’arte e quindi al teatro: non solo le piazze, le strade o i luoghi pubblici. Tutti quei “luoghi” che hanno urgenza di trasformarsi in qualcosa di ancora irrealizzato, e trovano con il teatro la strada per farlo.
La stagione teatrale Le Magnifiche Utopie si pone nella prosecuzione ideale di questo progetto, ed è quindi articolata in una pluralità di proposte aperte a diversi pubblici. La sua prima parte, dopo l’apertura del 25 novembre 2020 con Kashimashi di e con Natasha Czertok, proseguirà il 19 dicembre 2020 con Chenditrì, spettacolo per ragazzi di Teatro Nucleo dedicato ai temi dell’ecologia e della biodiversità; il 16 gennaio 2021 con InCerti Corpi di Teatro dei Venti, spettacolo con Francesca Figini sul corpo delle donne; il 30 gennaio 2021 con L’Istruttoria di Peter Weiss, lettura attiva a cura del Laboratorio Atlante di Teatro Nucleo dei testi del primo processo sulla Shoa; il 21 febbraio 2021 con Moby Dick di Drammateatro, con la regia e l’elaborazione drammaturgica di Claudio Di Scanno ispirata al grande romanzo di Herman Melville e a Tre scene da Moby Dick di Alessandro Baricco. Le modalità di fruizione degli spettacoli – se in presenza o in altre forme – saranno di volta in volta definite e comunicate in base alle disposizioni vigenti.
«Ci piacerebbe che la parola chiusura potesse essere sostituita dalla parola cura.
È necessaria la “cura” per superare una crisi. Per quel che possiamo, vogliamo continuare ad avere cura del nostro lavoro, del nostro teatro, tenendolo aperto e rendendolo un luogo in cui sentirsi sicuri, trovare nuovi riferimenti capaci di rafforzare il senso d’appartenenza ad una comunità, favorire l’incontro».
Perché il Teatro è la Polis e la polis è aperta, in continua trasformazione, e avanza sempre come la vita.
Per informazioni su Teatro Nucleo: www.teatronucleo.org
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