Home News Cultura AgCult | Quale visione strategica della cultura e della sua sostenibilità nei programmi elettorali?

AgCult | Quale visione strategica della cultura e della sua sostenibilità nei programmi elettorali?

di Massimo Coen Cagli, Direttore scientifico della Scuola di Fundraising di Roma e ideatore dell’evento “più Fundraising più cultura”

A leggere le scarne righe dei programmi elettorali dedicati alla cultura viene da pensare che quanto riportato in tali programmi rappresenti il “minimo sindacale” per un paese che fa della cultura uno degli asset principali di sviluppo non solo economico ma soprattutto sociale.

Dico “non solo economico” non a caso. Perché ancora una volta la cultura nei programmi viene richiamata soprattutto in quanto “strumento” di produzione di opportunità economiche. Il che è giusto ma è molto limitativo. Ancora una volta, quindi, si parla di cultura e turismo, di cultura e impresa culturale, di cultura e sviluppo delle imprese balneari, di sacrosanti diritti dei lavoratori della cultura (anche retributivi), di piattaforme per vendere il prodotto Italia e di promozione del made in Italy. Un accenno al valore sociale della cultura in termini di integrazione e coesione sociale si può ritrovare solo nel programma del Partito Democratico.

Leggendo i programmi e questa rinnovata accentuazione del rapporto tra cultura e sviluppo economico, si ha quasi l’impressione che i partiti non siano riusciti ad avere una visione dello sviluppo culturale del nostro Paese e ad identificare una “missione” che tutti i soggetti del sistema culturale debbano perseguire per fare della cultura davvero un motore di sviluppo.

Per altro, se provassimo a mischiare i punti dei singoli programmi e redistribuirli casualmente tra i diversi partiti, in gran parte non cambierebbero le cose e soprattutto sarebbero ancora in larga parte sovrapponibili a quanto elaborato nel PNRR. E questo succede proprio quando, nelle politiche, mancano missione e visione.

Possiamo al più ritrovare due accenni specifici: l’incoraggiamento di un ruolo dei privati nella sostenibilità della cultura facilitando anche il fundraising, almeno per quanto riguarda l’Art Bonus e il 2×1000 (Italia Viva/Azione e PD) e al contrario, una maggiore controllo pubblico sui beni culturali, frenando esternalizzazioni, volontariato e uso più elastico del patrimonio (Movimento 5 Stelle e Unione Popolare).

Insomma, in gran parte i programmi si fermano ai valori e ai principi generali (il che, per carità, è quello che in linea di massima riporta un programma politico) ma che sembrano essere quelli di sempre e che, fatte salve differenze minimali soprattutto di tipo retorico, qualunque prossimo governo dovrebbe assumere come guida per attuare politiche culturali.

A latere dei programmi, vi è anche da notare la totale assenza di dibattito sulla cultura. Non ho sentito in nessun talk show o tribuna elettorale parlare di cultura né sul lato degli esponenti politici, né su quello dei giornalisti o dei conduttori. E quando viene chiamata in ballo la cosiddetta società civile a interloquire con i politici, raramente si coinvolgono persone impegnate in ambito culturale. Segno che la cultura è al di là delle bellissime dichiarazioni di principio, è ancora ancillare rispetto alle grandi questioni del Paese. Il che riconduce al vecchio approccio: la cultura è importante nella misura in cui produce economia, altrimenti… “con la cultura non si mangia”.

Questo approccio fatalmente comporterà che la cultura ne soffrirà soprattutto sul piano della sostenibilità economica che verrà messa a dura prova dagli effetti della crisi economica derivante da pandemia e guerra e sarà priva di investimenti seri ed adeguati, mentre le risorse umane che a diverso titolo presidiano il patrimonio culturale vivranno condizioni sempre più precarie. Così continueremo ad essere la prima potenza culturale al mondo con un esercito scalcinato e privo di mezzi e quindi a rendere sempre meno “potente” il nostro patrimonio culturale materiale e immateriale.

Ecco perché ora, nel momento di dare vita ad un nuovo governo, sarebbe auspicabile definire una direzione in merito al fundraising culturale, al finanziamento filantropico o di altra natura da parte dei privati e delle comunità a favore della cultura, delle sue istituzioni e dei suoi beni, in una logica di partnership strategica per il bene del paese. Ma fatto salvo qualche piccolo accenno citato prima, poco si è sentito da questo punto di vista.

Le idee e soprattutto le indicazioni pratiche non mancavano certo. Molti spunti pratici e spesso immediatamente realizzabili sono emersi dal progetto “Più Fundraising Più Cultura” promosso dalla Scuola di Fundraising di Roma insieme a Patrimonio Cultura, che, grazie ad un processo partecipativo di co-progettazione che ha coinvolto tutti gli stakeholder principali, ha elaborato 44 indicazioni concrete su cose da fare per far crescere in qualità e quantità la sostenibilità economica del sistema culturale italiano, registrando su tali indicazioni un consenso generalizzato.

La pubblicazione relativa a tali indicazioni è disponibile gratuitamente in formato digitale a questo link: 
https://www.scuolafundraising.it/pfpc/#lepopup-atti-PFPC-2021

Ecco perché in vista della prossima edizione 2022 dell’evento “più Fundraising più Cultura” (che si terrà tra ottobre e dicembre attraverso differenti appuntamenti online e in presenza) i promotori hanno rivolto ad esponenti politici dei diversi schieramenti che si occupano di cultura un breve questionario per sollecitare il punto di vista loro (e dei rispettivi partiti) circa alcune questioni puntuali piuttosto che su principi generali.

Tra questi in particolare:

  1. Misure fiscali (Art Bonus, 2×1000, 5×1000)
  2. Investimenti per la formazione al fundraising del personale delle istituzioni culturali
  3. Autonomia patrimoniale per una gestione più semplice ed efficace del fundraising
  4. Istituzione di un “Dono PA” per semplificare le donazioni verso la Pubblica Amministrazione
  5. Sportello interattivo per facilitare i soggetti privati che vogliono fare filantropia e sponsorizzazioni
  6. Affiancamento in occasione delle “Domeniche al museo” a momenti di sensibilizzazione e donazione da parte dei visitatori (non solo quindi grandi mecenati…)
  7. Istituzione di un Osservatorio Nazionale sul fundraising culturale che monitori e favorisca lo sviluppo del finanziamento privato della cultura per adeguare il nostro paese e le sue istituzioni culturali agli standard di altri paesi analoghi che hanno patrimoni culturali meno ingenti del nostro

Nelle nostre intenzioni questo sondaggio potrebbe fornire un utile quadro di azioni concrete che qualunque governo potrebbe portare avanti sapendo che su alcune specifiche azioni vi è un consenso diffuso e trasversale.

Alcuni degli interlocutori contattati hanno già risposto e attendiamo fiduciosi il contributo anche delle altre forze politiche alle quali abbiamo chiesto di esprimere il loro punto di vista. Certi che la partecipazione di tutti al dibattito possa essere il miglior modo di contribuire allo sviluppo del patrimonio artistico e culturale italiano e quindi allo sviluppo del nostro paese. Almeno che non si ritenga che la cultura, in questo momento, non sia poi così importante.

Il sondaggio è ancora aperto e compilabile per i referenti politici a questo link: 
https://forms.gle/QDNyGYBPHRgVJztC8

(Fonte: AgCult.it)