Home Agenda Pantacon: doppia inaugurazione TEN e Gallery 2.0 al Creative Lab di Mantova

Pantacon: doppia inaugurazione TEN e Gallery 2.0 al Creative Lab di Mantova

Venerdi 25 ottobre 2024, dalle ore 18:30, serata di eventi al Creative Lab di Mantova. Inaugurazione delle due nuove mostre nell’ambito dei progetti TEN e GALLERY 2.0. Per TEN saranno esposte le opere di Vincenzo Paonessa in una sequenza intitolata RIMANENZE, mentre per GALLERY 2.0 Luca Mantovani indaga visioni di paesaggi architetturali contemporanei nella raccolta NEW EPIC. Gli artisti saranno a disposizione per presentare le opere e per intrattenersi in un dibattito con gli ospiti intervenuti. Dialogherà con gli artisti Paola Artoni. Come sempre drink & food in collaborazione con Arci Tom.

TEN dieci pezzi d’artista
VINCENZO PAONESSA – “Rimanenze”
Cit. “Volevo fare l’entomologo”

Vivo e lavoro a Mantova. Ho completato la mia formazione artistica a Catanzaro ma sono nato e cresciuto a Gimigliano, una cittadina sull’altipiano boscoso della Sila. Questa forse la ragione per cui il mio stile, secondo i critici, emana intense vibrazioni legate al territorio, inteso come ambiente e paesaggio umanizzato. Una parte importante della mia opera riguarda la memoria, il ricordo e la rielaborazione dell’habitat montuoso che ho vissuto, quale ritratto sincero del rapporto drammatico fra la natura e l’essere umano: uomini e donne attaccano la natura come fanno i parassiti, sottraendole linfa vitale dopo che, proprio la natura, con quella linfa li ha nutriti, ma li ha anche condizionati nel loro vissuto quotidiano con la sua logica severa e in qualche modo spietata.

Dalle stesse fondamenta terrestri nascono opere più recenti legate al notturno e allo spazio siderale, dove pianeti e mappe astrali, svelando i loro percorsi davanti agli occhi dell’osservatore, evocano antiche mappe di culture dimenticate, come in un sogno – la sola dimensione dove sia possibile riportarle in vita.
Scrive Tonino Sicoli: “Paonessa appartiene a una generazione che guarda ai grandi maestri degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, ma lui ha avuto e continua ad avere la visione e l’abilità per sviluppare personali sentieri di ricerca e costruire l’immaginario post-consumista del prossimo futuro.” IG: @paonessavincenzo

GALLERY 2.0
LUCA MANTOVANI – “New Epic: fragments of contemporary archeological landscape”

New Epic è un racconto per immagini che si sviluppa a partire da una riflessione incentrata sul tema del viaggio, prefiggendosi come obiettivo di tradurre “frammenti di memoria epica”. La ricerca prende ispirazione dalle Italian Eclogues, uno dei componimenti più significativi sul paesaggio italiano del poeta anglo-caraibico Derek Walcott, figura determinante per la costruzione di un genere letterario che celebra la coscienza epica dell’uomo. Walcott descrive le sue peregrinazioni oltre Mantova fino ad approdare a Venezia, in un viaggio romantico che affianca al paesaggio italiano il ricordo dell’amico poeta russo Iosif Brodskij e delle più rilevanti personalità della letteratura classica.

Una ricerca della memoria che, come per Walcott, non vuole essere solo terra di incontri e incroci in luoghi resi celebri dalla storia, ma è anche cultura dell’ordinario, che restituisce spessore e dignità a una realtà geografica e linguistica spesso dimenticata: “innalzare il luogo comune sino alla sacralità di oggetti resi radiosi dal lento smalto del tempo. Attraverso il linguaggio della poesia o dell’arte, si compie questa sottile trasfigurazione, dell’ordinario nello straordinario”. Diventa allora chiaro, nella ricerca fotografica il perimetro geografico culturale entro cui sostare. In questi luoghi di pianura sussiste uno spazio che dal poeta caraibico è magistralmente evocato: un paesaggio in corso di estinzione che rappresenta una sorta di locus amoenus. Emerge un’operazione progettuale attenta ai caratteri poetici e simbolici dei luoghi, per enfatizzare il senso sacrale del paesaggio, dove gli aspetti storici, letterari, architettonici si condensano in un misurato equilibrio. È quindi significativo che uno degli elementi caratteristici del progetto, così come nella produzione artistica di Walcott, “artigiano devoto al dettaglio paesaggistico”, è la presenza della natura. Si delinea così la storia di un percorso che conduce alla consapevolezza delle proprie radici e ad una riflessione sull’incontro di cultura e natura.

In questo contesto paesaggistico le rovine sono manufatti sacrali invasi dalla vegetazione, architetture morenti, diventate tali perché abbandonate e dimenticate dall’uomo. Diviene quindi essenziale indagare nel progetto una civiltà ben più profonda, dove l’intrecciarsi di vicende, storie comuni, hanno costituito un patrimonio singolare, fatto di ritrovamenti, entità presenti all’interno di un paesaggio archeologico contemporaneo. È un modus operandi che assorbe e reinterpreta gli apporti di tradizioni preesistenti, in un linguaggio che percorre il suo viaggio all’indietro fino alle fonti classiche per ripartire con un nuovo discorso. Ecco, allora, che nella ricerca il paesaggio viene rappresentato per dar vita a suggestive analogie tra l’antichità e la quotidiana realtà. È un rivolgere lo sguardo al passato, in cui appaiono i richiami al mito, alla letteratura classica, in particolare a quella virgiliana, per renderli parte della categoria del tempo, elevandoli a punto di riferimento privilegiato del discorso poetico. Tramite quindi l’evocazione di tale patrimonio, la sequenza narrativa riporta il modello di epica al centro dell’esperienza poetica. Pensata dunque come un riandare alle radici, lo scenario progettuale intende rappresentare una terra in cui nel corso dei secoli elementi culturali prove­nienti da orizzonti differenti si sono fusi l’uno nell’al­tro, stratificati, per dare origine a una realtà polifonica. A questo proposito, la ricerca prende in considerazione discipline differenti tra archeologia, letteratura, architettura, e autori capaci di instaurare un dialogo con i luoghi, facendo del paesaggio il centro privilegiato della loro identità.

Spostando, allora, la riflessione anche su altri piani d’indagine, si osserva come l’attraversamento del paesaggio classico nella letteratura è un elemento poetico necessario a strutturare la progettualità della propria scrittura anche nell’architettura, divenendo necessario alla possibilità stessa dell’opera di accedere alla realtà contemporanea. Esiste in sostanza un senso di appartenenza a questi luoghi, permeati dalla cultura anonima e popolare, che diventano inevitabilmente parte integrante di un modo consapevole di progettare, come hanno testimoniato nel corso della storia i volumi armonici alzati da Giulio Romano e Andrea Palladio sull’orizzonte di questa pianura.

Così, anche le architetture moderne e contemporanee come quelle di Aldo Rossi, con i loro elementi archetipici, che trovano rappresentazione nella ricerca, rimandano all’apparato figurativo e spaziale di antiche costruzioni, all’interpretazione dell’universo concettuale di Vitruvio e Alberti, e rinnovano regole, metodi, linguaggi visivi nell’orizzonte di un sentire e vedere moderno. In questo esercizio di scovare nella storia significati attuali, il progetto New Epic intende quindi focalizzare l’attenzione sul recupero delle tradizioni che è l’occasione per instaurare le fondamentali relazioni tra architettura e paesaggio con uno sguardo sull’origine, sulla ricerca dei principi fondativi per recepirne le influenze culturali e ambientali, con lo scopo di formulare una rilettura dei valori e delle tipologie rappresentative della tradizione. Tenendo conto di queste riflessioni, la strada del racconto per via di immagini si articola in accordo con la strada del racconto per parole: come nella poesia di Derek Walcott, anche la ricerca fotografica intende quindi in ultimo approdare con una tappa significativa a Venezia, nel cimitero dell’I­sola di San Michele, sulla tomba di Brodskij dove letum non omnia finit. È in questa cornice narrativa, in queste suggestioni letterarie, e su questo paesaggio italiano inteso come paradigma culturale, come singolare ed esteso genius loci, che la mostra fotografica vorrebbe gettare una luce maggiore. Il progetto è a cura di Luca Panaro, Arturo Carlo Quintavalle e Diego Mormorio.

Luca Mantovani è fotografo documentarista e di architettura. La sua ricerca si concentra sulla rappresentazione della visione urbana e paesaggistica intesa come trasfigurazione simbolica di fatti ordinari che si esprimono attraverso la costituzione di un insieme di forme, necessarie a celebrare ed ospitare i riti della vita quotidiana. Nasce a Mantova nel 1988, si laurea in Architettura presso l’Università IUAV di Venezia. Ha collaborato con gli architetti Paolo Zermani, Francesco Di Gregorio e Alessandro Gattara. Il suo percorso di avvicinamento alla fotografia inizia grazie all’incontro con Arturo Carlo Quintavalle e Gloria Bianchino. Successivamente conosce l’artista Franco Guerzoni, con il quale approfondisce alcuni aspetti legati al rapporto tra paesaggio e archeologia. La sua predilezione per la stampa analogica lo porta a collaborare con Arrigo Ghi. Ha preso parte al corso di Giovanni Chiaramonte “Drammaturgia dell’Immagine” presso l’Istituto Universitario IULM e l’Accademia NABA di Milano, ed è stato assistente all’attività professionale del fotografo Luca Capuano. Attualmente collabora con Luca Panaro, Franco Guerzoni e Diego Mormorio. Hanno scritto sul suo lavoro i critici e storici dell’arte Arturo Carlo Quintavalle, Elena Pontiggia, Gloria Bianchino, Paolo Barbaro e gli architetti Alberto Ferlenga, Matteo Agnoletto e Paolo Zermani. Alcune sue opere sono presenti nella sezione fotografia del CSAC (Centro Studi e Archivio della Comunicazione) dell’Università di Parma.

Le mostre saranno visitabili, oltre all’inaugurazione di venerdì 25 dalle 18.30, tutti i mercoledì e venerdi con orario 15.30 – 19.30 fino a mercoledi 20 novembre 2024.

TEN e Gallery 2.0 sono eventi organizzati da Pantacon con il sostegno del Comune di Mantova.

Info, immagini e approfondimenti su www.creativelabmantova.it e sui canali social del Creative Lab, Facebook e Instagram