Barni su Il Sole 24 Ore: “Le cooperative sono gli unici presidi culturali nei territori marginali”

4 agosto 2025 – Nell’articolo pubblicato oggi su Il Sole 24 Ore – Economia della Cultura con il titolo “Il gap delle aree interne rischia di passare anche dall’esclusione culturale” a firma di Margherita Ceci, si mette in luce il tema della disparità nella distribuzione delle risorse culturali in Italia, con particolare riferimento al Fondo nazionale per lo spettacolo dal vivo (FUS). Le aree interne e meno popolose del Paese risultano sistematicamente escluse dai finanziamenti, a vantaggio dei grandi centri urbani. Il rischio, come evidenziato nel testo, è quello di rafforzare un sistema a due velocità, che amplifica la distanza tra centri culturali forti e territori deboli.

A denunciare con forza questa situazione è Giovanna Barni, presidente di CulTurMedia Legacoop, che evidenzia come il sistema attuale premi logiche di profitto e criteri quantitativi (pubblico pagante, capienza delle sale, numero di eventi); ignori il ruolo delle cooperative culturali, spesso unico presidio permanente nei territori marginali; non valorizzi la rigenerazione degli spazi, la formazione giovanile e l’occupazione stabile.

Barni afferma: «Siamo di fronte a un sistema che produce disuguaglianze e sprechi, dove la cultura viene considerata bene/consumo da meccaniche logiche di profitto. La marginalità culturale di interi territori viene data per acquisita, mentre le nostre cooperative sono gli unici presidi permanenti e radicati nelle comunità.»

Secondo i dati forniti da CulTurMedia, solo 63 su 484 istanze accolte provengono da cooperative, nonostante queste rappresentino fino al 40% del tessuto produttivo culturale nelle aree interne. La distribuzione geografica dei fondi è fortemente sbilanciata: Lombardia, Lazio ed Emilia-Romagna concentrano 180 istanze, mentre regioni come Molise, Basilicata e Valle d’Aosta restano marginali.

Il tema si collega anche alla riforma del Codice dello spettacolo, inizialmente prevista per il 2023 e ora attesa per il 2026, e alla mancata interlocuzione tra Stato e territori, come dimostrato dal fallimento del Piano nazionale borghi finanziato dal PNRR. CulTurMedia propone una riforma che superi la logica del sussidio, puntando su agevolazioni e investimenti per promuovere coesione e pluralismo culturale, evitando la desertificazione culturale delle periferie.

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