Sul sito dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni si può leggere un documento che riassume i dati salienti del sistema delle comunicazioni.
Si tratta del n.4 dell’Osservatorio sulle comunicazioni, studio curato periodicamente dall’Agcom sui flussi dei vari comparti che compongono la società dell’informazione.
Nell’ultima stagione cifre e statistiche ci raccontano molto dello scenario del profondo cambiamento in corso. Un po’ come nelle vicende elettorali (e le similitudini ci sono), dopo lunghe stagioni di mutamenti esigui o persino impercettibili, ecco che i risultati dello studio fanno venire un colpo al cuore.
Partiamo dal punto 2.6, che non è il primo della ricerca, bensì quello di maggior clamore. Si narra del vero e proprio crollo dell’editoria quotidiana. Nel periodo tra gennaio e settembre 2018-2022 le copie complessive vendute scendono del 32,5% (quelle cartacee del 36,5%, mentre le cugine digitali salgono solo del 12,5%). Stiamo sì e no a un milione e mezzo di vendite, a fronte degli storici 6 mln. Il calo diviene clamoroso nei segmenti che pure esercitarono un ruolo notevole a cavallo dei due secoli: economici (-44,7%), sportivi (-45,3%) e locali (-29,4%).
Ma la vera e propria bizzarria si rileva al punto 2.8, dove si indicano le quote percentuali di concentrazione. Il gruppo Gedi (da la Repubblica a La Stampa) è al 20,3% del sottosistema. La normativa fissa nel 20% il limite. Dunque, l’Autorità pubblica asetticamente una violazione di legge come se fosse un’entità estranea collocata su un altro pianeta? Strano, no?
Non è inserito nel documento, ma va pure ricordata la discesa di circa il 2% del libro rispetto all’anno passato.
Insomma, la componente che salda cultura, formazione, apprendimento e consumi profondi è in caduta libera. C’è un filo nero che congiunge la crisi
dell’istruzione pubblica, lo svanire dei punti alti del dibattito pubblico e l’eutanasia dei giornali. La stessa enfasi propagandistica sulla transizione digitale si rivela uno dei numerosi abbagli cui la capacità camaleontica del capitalismo (ora delle Big Tech) ci ha abituato.
Un’ulteriore traccia di tale discorso, inerente alle aporie del passaggio tecnico e sociale in corso, si coglie nella prima tabella 1.1 dell’opuscolo. Lì si descrive l’andamento degli accessi diretti alla rete fissa di telecomunicazione nell’intervallo temporale 2018-2022. Si coglie la notizia strabiliante di una diminuzione di ben 624.000 allacci, dovuta alla caduta della fibra in rame senza una corrispondente ascesa della banda larga e ultralarga.
Se si passa alla televisione, ne viene la conferma del declino dell’intero campo nominato mass media, secondo le denominazioni classiche. Accanto alla carta stampata, in misura minore ma comunque significativa, si rattrappisce il video-elettrodomestico, simbolo della stagione del boom economico e di una società che amava un sogno manipolato, ma collettivo.
Nel giorno medio lo schermo perde il 10,3% di spettatrici e spettatori, con un -12% nelle ore del prime time (20.30-22.30). La Rai scende di circa il 14%, in una tendenza che condivide soprattutto con Sky e pure -in misura minore- con Mediaset, Discovery e La7. I telegiornali vanno giù sensibilmente nella fascia meridiana (con punte estreme: -28,9% il Tg3 delle ore 12 e -34,4% il Tg4 della medesima fascia). Tengono meglio gli appuntamenti serali, con l’eccezione del Tg2 delle 20,30 che perde il 28,9% e di Studio aperto delle 18.30 con -24,7%. Pure l’informazione, la spina dorsale dell’emittenza, soffre certamente la concorrenza della rete e dei social. Sarebbe farisaico, però, non riconoscere il fenomeno di abbassamento della soglia cognitiva cui guarda con estrema preoccupazione la pedagogia.
Interessante, infine, è la sezione sui servizi postali, dove si vede l’ascesa (+87,6%) della consegna dei pacchi e la caduta della corrispondenza con meno 31,3%. La distribuzione dei pacchi è la faccia materiale del commercio on line e della fortuna di piattaforme come Amazon, che una specifica delibera dell’Agcom richiamò al rispetto dei contratti.
A volte, una ricerca fa primavera.
Vincenzo Vita
(Articolo pubblicato da “il manifesto” di mercoledì 4 gennaio 2023)