Home News Comunicazione Il contributo di CulTurMedia alle #rivoluzionicooperative del 40° Congresso Nazionale Legacoop

Il contributo di CulTurMedia alle #rivoluzionicooperative del 40° Congresso Nazionale Legacoop

 

Roma, 17 aprile 2019 – La presidente nazionale di CulTurMedia, Giovanna Barni, è intervenuta oggi al 40esimo Congresso nazionale di Legacoop, in programma al Teatro 10 di Cinecittà di Roma, ricordando il collega Fabio Faggella, uno degli animatori più attivi e intelligenti del comparto culturale e cooperativo, scomparso la scorsa settimana. Accomunati da una lunga frequentazione, già dagli anni 90, avevano messo la cultura e, in particolare l’archeologia, al centro della propria vita e di quella di tanti soci.

Tornando ai lavori del Congresso, riportiamo di seguito il testo completo del suo intervento:

“Grazie anche agli interventi che mi hanno preceduto. Tutti noi sappiamo che fondare una nuova economia significa necessariamente pensare a un nuovo modo di fare impresa che possa nel futuro contribuire allo sviluppo sostenibile dei territori e delle comunità.

Come alcuni di voi sanno sono da qualche settimana presidente di CulTurMedia, un comparto della Lega che esiste relativamente da pochi anni la cui nascita è il segno di una consapevolezza del mondo cooperativo nei confronti della cultura: CulTurMedia raccoglie le cooperative che operano nel mondo della cultura in tutte le sue articolazioni, dal patrimonio alle attività culturali, dall’industria culturale come l’editoria e il cinema, ai settori cultural driven come la comunicazione e il turismo.

Novecento cooperative che operano in questo comparto che direi minore ma strategico perché coniuga in sé due driver fondamentali: quello della cultura e quello dell’economia sostenibile.

Quanto alla cultura

A livello mondiale, già nel 2005, l’UNESCO invocava l’integrazione di politiche culturali nelle agende di sviluppo nazionale e internazionale, identificando nella cultura un elemento fondamentale per la sostenibilità dello sviluppo e per l’affermarsi di società pacifiche, inclusive e rispettose delle diversità culturali.

Ma è con l’Anno Europeo dedicato al Patrimonio Culturale nel 2018 che si è affermata la consapevolezza dell’importanza della cultura per il valore identitario delle comunità, legato alla capacità di trasmettere conoscenza e idee e di condividere narrative e opportunità di scambio, per un valore sociale di connessione e inclusione. Insomma, vi è sempre più la consapevolezza che la cultura sia la piattaforma unificante per rafforzare l’identità Europea e la coesione interna, per il dialogo nelle relazioni internazionali, per conservare la memoria, ma anche come fattore trainante per l’innovazione e la creatività.

Un’importanza di cui spesso ci si rende conto solo quando un patrimonio culturale viene perduto, come è successo anche in questo giorni dopo il rogo di Notre Dame.

Ma la capacità trasformativa della cultura si traduce anche in una forza trainante e strategica nello sviluppo sostenibile. La cultura, di fatto, attraversa trasversalmente molti dei goals dell’Agenda 2030: la promozione del patrimonio culturale è tra gli obiettivi del goal 11 (città e comunità sostenibili) ma la cultura attraversa anche l’obiettivo 16 (società pacifiche e inclusive) e soprattutto gli obiettivi 8 e 12, votati alla promozione della creatività, dei prodotti locali, dei mestieri tradizionali e del turismo sostenibile attraverso politiche pubbliche che supportino l’imprenditorialità e generino occupazione.

Una consapevolezza che emerge anche dalla Nuova Agenda Europea della Cultura, secondo cui “La cultura e la creatività sono risorse importanti per l’economia. La cultura contribuisce direttamente all’occupazione, alla crescita e al commercio esterno. Si stima che il contributo dei settori creativi e della cultura al prodotto interno lordo dell’UE sia pari al 4,2%..” (https://eur-lex.europa.eu)

Quota questa che in Italia risulta ancora maggiore: secondo il Rapporto Symbola dello scorso anno essa rappresenta oltre il 6% del PIL con valore aggiunto del 16% del valore nazionale.

Il settore turistico, che nel totale rappresenta il 10,2% del PIL nazionale, è per più di un terzo, esattamente il 37,9%, attivato dalla cultura e dalla creatività.

E ci piace pensare che questa eccezionalità italiana sia in parte merito del modello cooperativo di impresa culturale,

Infatti le nostre performance sono di fatto migliori sia in termini di impieghi, che di impatti, e non tanto in termini meramente quantitativi, quanto rispetto alla dimensione sociale, culturale e ambientale della sostenibilità.

La cooperazione culturale nel suo complesso vede una crescita (2017 su 2016) ben superiore rispetto alla media nazionale, parliamo di circa il 7,4% a fronte del 2%; e misurando l’occupazione il dato è ancora più rilevante, poiché parliamo di un incremento (sempre2017 su 2016) di ben 10%, a fronte di un dato nazionale che è del 2%, e si tratta di occupazione femminile e di profili con un elevato livello di istruzione.

In particolare poi nel settore patrimonio storico-artistico la performance è persino migliore: dei circa 51.000 occupati a livello nazionale, 20.000 sono occupati in imprese cooperative.

Altrettanto significativi sono gli impatti, cioè l’effetto moltiplicatore sul territorio, accelerato dal forte radicamento territoriale e dall’attitudine -oserei dire “genetica”- al cooperare:

  • creando network territoriali intersettoriali, filiere cooperative basate su festival, tradizioni culturali, attrattori e itinerari culturali e naturalistici alle quali si associano e interconnettono produzioni editoriali, artigianato tipico, produzioni innovative di design artistico, i servizi turistici e le eccellenze dell’agricoltura
  • promuovendo lo sviluppo dei territori e delle persone che li abitano, che diventano al contempo produttori e consumatori a loro volta di cultura, in una dinamica virtuosa di crescita della domanda, tipica dell’economia circolare.

Anche nel nostro settore, quindi si apre per la cooperazione un’opportunità storica.

Basti pensare che finalmente le raccomandazioni lanciate dal Consiglio Europeo sono state raccolte anche a livello nazionale. Le prime proposte circa la POLITICA DI COESIONE 2021- 2027 (da parte del dipartimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri) individuano tra i temi centrali per i 5 obiettivi strategici (per un’Europa più intelligente, verde, connessa, sociale e vicina ai cittadini) e i 2 fondi FESR e FSE anche la cultura, come veicolo e spazio di coesione.

 A noi cooperatori culturali, pertanto, tocca cogliere questa sfida, che auspico possa diventare obiettivo comune di tutta la cooperazione.

Una sfida che sul fronte interno implica il rafforzamento della capacità di progettare tutti insieme strategie intersettoriali, e a livello locale la nostra capacità di fare reti. Perché se cresce la cooperazione culturale in un territorio, non cresce solo l’economia di quel territorio, ma si rafforzano anche i nostri valori identitari e reputazionali e la nostra capacità di innovazione per il futuro delle comunità.

Ci aspetta una sfida verso l’esterno, non solo per monitorare il prossimo ciclo di investimenti con la “cultura al centro”, ma soprattutto con un ruolo attivo per rimuovere quegli ostacoli che impediscono il pieno dispiegamento delle potenzialità di una risorsa diffusa in tutto il Paese; ostacoli che sono soprattutto dovuti alla diffidenza frutto dell’incapacità (o delle scarse competenze) della pubblica amministrazione verso modelli innovativi di governance partecipata delle risorse culturali e naturali, verso forme evolute di partenariati pubblico-privati territoriali, verso la diffusione e il sostegno di presìdi culturali in forma cooperativa. Presìdi che possono essere hub per la rigenerazione urbana e per la rivitalizzazione delle aree interne, per condividere narrative e trasmettere conoscenze e idee

E, in ultimo, spetta a noi un lavoro coeso anche fuori dall’Italia perché, se il modello italiano di impresa cooperativa culturale rappresenta una eccellenza del Paese, questa best practise deve poter essere esportata anche all’estero, a partire da quella rete europea di cooperazione culturale che abbiamo già proposto in occasione del board annuale dell’ICA (a Matera) e della collaborazione con la cooperazione allo sviluppo.
Questo è il contributo che CulTurMedia vorrà dare alle rivoluzioni cooperative che ci aspettano.

Ed è per questo che chiuderei con le parole dello storico contemporaneo israeliano Harari:
<< Siamo gli unici animali che possono cooperare flessibilmente in grandi numeri. Possiamo creare reti di collaborazione di massa, in cui migliaia e milioni di completi sconosciuti lavorano insieme verso uno scopo comune… La vera differenza tra noi e gli scimpanzé è la misteriosa “colla” che permette a milioni di umani di cooperare con efficacia>>.

E questa colla- aggiungo- ha molto a che fare con la cultura.
Grazie per la vostra preziosa attenzione e buona rivoluzione (a tutti noi)!

Giovanna Barni, presidente CulTurMedia