Delirio a due è un piccolo capolavoro del Teatro dell’Assurdo, un irresistibile scherzo teatrale tipico del miglior Ionesco, dove la cornice comica e beffarda e il funambolismo verbale fanno comunque trasparire una società che affoga nella tragedia quotidiana e nella sconcertante gratuità dei comportamenti, e dove il linguaggio non è uno strumento di comunicazione ma un ostacolo che allontana e divide.
Nella commedia dominano il paradosso e il grottesco, e la perenne, futile, incessante lite tra Lui e Lei, ridicole marionette umane imprigionate nella ragnatela di un ménage familiare annoiato e ripetitivo.
Il tema del contendere è sempre e solo un pretesto: la chiocciola e la tartaruga sono o non sono la stessa bestia?
Un grimaldello assurdo (ma che i due vivono come fondamentale) che fa da trampolino a un dialogo sempre più serrato, funambolico e bellicoso, che presto raggiunge le vette di un nonsense da comica finale, di un tragicomico Hellzapoppin domestico.
Tutto ciò mentre all’esterno della casa infuria una misteriosa guerra civile che i due, sordi e ciechi alla realtà, quasi non percepiscono, impermeabili alle bombe che esplodono, alle sparatorie che echeggiano nella via, alle stragi, ai muri e ai soffitti che crollano.
La potenza comica ed eversiva di Ionesco arriva in questa pièce a risultati geniali e tragicomici, e la naturalezza surreale con la quale l’autore costruisce dialoghi e situazioni di questo cinico gioco al massacro diventa, a poco a poco, un formidabile strumento di analisi e critica di una società ottusa e urlante, troppo spesso incapace di afferrare il senso di ciò che le accade intorno, addirittura compiaciuta della propria grettezza.
Corrado Nuzzo e Maria Di Biase, guidati da Giorgio Gallione, prestano a Delirio a due la loro naturale bizzarria, il talento imprevedibile e mai convenzionale, il gusto per il capovolgimento improvviso, disegnando una situazione che è la perfetta, amara metafora dell’oggi, dove riso e sorriso evidenziano ancor più la banalità quotidiana, il conformismo, le paure di una società inaridita e patologicamente insoddisfatta di sé.
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