Home News Comunicazione Verso la Riforma dell’Editoria. Calari, Mediacoop: ‘Grande lavoro fin qui compiuto ma sono indispensabili alcune modifiche al Testo’

Verso la Riforma dell’Editoria. Calari, Mediacoop: ‘Grande lavoro fin qui compiuto ma sono indispensabili alcune modifiche al Testo’

Partono i lavori in Parlamento per la Riforma dell’Editoria!

Roberto Calari, presidente di Mediacoop e tra i fautori della campagna #menogiornalimenoliberi, risponde ad  Andrea Esposito di editoria.tv e ci spiega cosa sta per accadere al sistema editoria in Italia.

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A che punto sono i lavori per la riforma dell’editoria e per l’istituzione del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione?

Il percorso avviato pare in grado di rispettare i tempi di discussione ed approvazione della Legge annunciati nella sua intervista dal relatore, Roberto Rampi.
Un percorso importante, che vede, per altro, il forte riconoscimento della forma cooperativa a mutualità prevalente come quella in grado di meglio garantire autonomia, indipendenza, non scalabilità oltre che la non divisibilità degli eventuali utili.

Ma pur senza ritardare il percorso di riforma alcune modifiche sono indispensabili: altrimenti l’effetto voluto della tutela del pluralismo si potrebbe trasformare in quello opposto di riduzione ulteriore delle voci indipendenti.

AulaMontecitorio_CameraNoi riconosciamo ed apprezziamo, quindi, il percorso fin qui compiuto nel confronto con il Governo e la Commissione Cultura della Camera ed i firmatari delle due proposte di Legge (a.c. n.3317 Coscia e a.c. n.3345 Pannarale), ed oggi vediamo molte cose positive nel testo di legge approvato in Commissione Cultura e in discussione in questi giorni alla Camera.

D’altra parte come non ricordare che nel primo incontro con il sottosegretario Luca Lotti, molti mesi fa, eravamo di fronte ancora alla discussione su una proposta di legge del Movimento Cinque Stelle che intendeva abolire totalmente il contributo diretto all’editoria e che oggi, invece, dopo che quella proposta di legge è stata sonoramente bocciata in Parlamento, siamo di fronte alla scelta di dar vita ad un Fondo per il Pluralismo e l’innovazione dell’Informazione? Un Fondo che pare finalmente poter essere dotato di risorse adeguate e pensato come un punto stabile di un assetto del sistema dell’informazione nel Paese che inizia ad individuare nuovi strumenti per inverare i principi affermati nell’art.21 della Costituzione Italiana e nella Carta dei principi fondamentali dell’Unione Europea.

Nella legge oggi in discussione vi sono poi elementi importanti: a partire della conferma della necessità dell’intervento pubblico nel settore dell’informazione per correggere le distorsioni del mercato; all’allargamento alle testate online dei soggetti che possono accedere con specifici criteri a cui sottostare, alla contribuzione pubblica; alla possibilità per le realtà già titolari di contributo di costruire processi innovativi e nuovi modelli organizzativi attenti alla crescente possibile interazione tra cartaceo e digitale; alla nascita di nuove piattaforme comuni tra le diverse testate; alle opportunità di sostenere nuove start up nel settore editoriale; alle incentivazioni fiscali agli investimenti pubblicitari incrementali in particolare verso le piccole testate locali; o al valore incrementale da attribuire all’occupazione, in particolare di lavoratori al disotto dei 35 anni.

Ma essere pronti ad evidenziare ed apprezzare l’importanza del percorso in essere, aldilà di aspetti pur importanti, ma non decisivi, su cui il Testo attuale della Legge non corrisponde a valutazioni e integrazioni da noi proposte non significa certo rinunciare a denunciare l’assoluta necessità di alcuni interventi emendativi del testo in discussione dai prossimi giorni alla Camera che se non presi in considerazione e se non accolti rischierebbero di cambiare radicalmente di segno al grande valore del lavoro fin qui compiuto.

Qual è il momento vissuto dai vostri associati?

giornale cmCi pare utile esprimere, anche se con la giusta misura, la gravità della situazione in essere e ripercorrere alcuni degli elementi che l’hanno complicata.
Siamo, infatti, oggi, di fronte ad un momento di grande aspettativa e, insieme, di straordinaria incertezza non certo solo per tante delle realtà a noi associate, ma, più in generale per l’intera editoria giornalistica indipendente locale e nazionale.
Nella generale crisi che ha vissuto e vive l’intero comparto editoriale va subito sottolineato, infatti, come negli ultimi anni le realtà più piccole ed autonome siano state lasciate senza le necessarie tutele, con evidenti e preoccupanti problemi per l’affermazione del pluralismo nel Paese.
Nel 2013 le testate ancora in vita erano 211, contro le 253 del 2009 e il fabbisogno calcolato sulla base della normativa in vigore era di 81.544.530 euro contro quello di 156.871.977 del 2009: con la differenza di fondo, però, che nel 2009 lo Stato aveva erogato il 100% del contributo e nel 2013 solo il 53,88% di quanto dovuto sulla base delle rendicontazioni effettuate. Un taglio avvenuto ex post rispetto ai tempi di approvazione dei Bilanci delle imprese e senza l’indispensabile attenzione alle conseguenze sulle cooperative di giornalisti e sulle altre realtà no profit che i tagli così fatti avrebbero provocato. Utile citare, a conferma delle conseguenze prodotte, che, escludendo le realtà che sono sostenute dal comma 3 dell’attuale normativa, le testate titolari di contributi diretti all’editoria sono passate nello stesso periodo 2009-2013 da 116 a 68!!!! E altre, anche storiche, hanno poi cessato le pubblicazioni nel 2014 portando il dato attuale a 51.

posta giorni alterniRecentemente, poi, si è anche aggiunta, a complicare non poco la situazione, l’inquietante vicenda della consegna “limitata” o “solo in certi giorni della settimana” di giornali e periodici da parte delle Poste in molti comuni italiani.
Nonostante questo l’indispensabile processo di adeguamento dei propri piani industriali e di innovazione che era già in atto ha consentito ad alcune realtà di continuare, anche se con grande fatica, la propria esperienza editoriale anche dopo gli ulteriori tagli avvenuti anche per l’esercizio 2014…ma un tale sforzo non è replicabile! È, quindi, ora più che mai, indispensabile poter prevedere e valutare con chiarezza le conseguenze più rilevanti che la Riforma, così come è oggi, produrrebbe e misurarne gli effetti concreti sulla sostenibilità per le cooperative e le altre realtà no profit del settore. E su questo aspetto intendiamo incalzare con determinazione la discussione Parlamentare per creare la necessaria consapevolezza sulle conseguenze fortemente negative che deriverebbero da alcune parti dell’articolato attuale.
Ma, in primo luogo, quello che non deve avvenire è che manchino ancora una volta certezze per far fronte al fabbisogno per l’anno “ponte” verso l’applicazione della riforma, il 2015, per altro, già ampiamente terminato.

E qui la legge dovrebbe colmare una mancanza molto grave: senza di essa il rischio che arrivino in pochissimi alla Riforma e che si determini un’altra definitiva stagione di chiusure è all’ordine del giorno.

Le cooperative stanno facendo la loro parte, hanno investito sul cambiamento e sull’innovazione e continueranno a farlo con vigore nei prossimi mesi, ma come detto, si devono determinare le condizioni affinché esse alla Riforma possano arrivare!.

Quali sono le vostre priorità in questa situazione?

comunicazione_editoriaCome detto siamo impegnati a continuare a dare il nostro contributo al percorso della legge di Riforma e a fare in modo che , con poche ma fondamentali modifiche, essa possa divenire una prima significativa tappa di un percorso di cambiamento che offra certezza di regole e criteri severi e trasparenti per accedere alla contribuzione pubblica, ma anche obblighi chiari che lo Stato si assume dopo aver determinato richiesto e verificato il rispetto di questi obblighi da parte delle imprese: quindi, anche rispetto alle questioni che dovranno essere riviste ed approfondite nelle deleghe al Governo fondamentale diviene l’affermazione del diritto soggettivo, della necessità cioè che all’ammontare del fabbisogno complessivo delle risorse connesse ai costi certificati sostenuti dalle cooperative di giornalisti autogestite corrisponda la certezza della quantità dell’intervento pubblico.
Sta qui anche la questione certamente non secondaria del valore “politico” delle deleghe che la legge affida, di fatto, al Governo: non tanto rispetto alle modalità di ripartizione tra Ministero dello Sviluppo Economico e Presidenza del Consiglio dei Ministri, tra radio e tv e carta stampata e online e le altre misure… quanto per eventuali criteri non certi e indiscutibili in base ai quali, a fronte di rispetto di criteri stabiliti e delle opportune verifiche, le contribuzioni siano certe e non “discrezionali” da parte del Governo.
Ma veniamo alle questioni più rilevanti che chiunque abbia a cuore il pluralismo non può non valutare con tutta l’attenzione necessaria. Le ricordo schematicamente:
La mancanza delle risorse per l’erogazione dei contributi 2015, ricordando a proposito l’esigenza delle imprese interessate di poter avere la certezza delle risorse per chiudere i bilanci 2015 e programmare il 2016.L’introduzione del tetto massimo del 50 % dei ricavi dell’impresa al netto del contributo pubblico di possibile intervento dello Stato a sostegno delle testate giornalistiche ammesse. la nostra valutazione  ci dice concretamente che nella realtà attuale, questo “tetto” porterebbe ad un contributo alle testate pari a percentuali del calcolo del dovuto estremamente modeste e penalizzanti e questo già’ dalla contribuzione 2016. Una percentuale molto bassa che diverrebbe, nelle attuali situazioni di mercato, assolutamente non sostenibile.
Le nuove modalità di corresponsione materiale del contributo pubblico: viene prevista una modalità con pesante ricadute negative sul piano finanziario e del tutto insufficiente per garantire la continuità dell’esercizio aziendale per piccole imprese cooperative di giornalisti e altre realtà non profit:si prevede, infatti, che il contributo sia erogato in due rate annuali, la prima delle quali erogata al 30 maggio, pari al 30 per cento di quanto percepito l’anno precedente e il restante 70% entro il termine di conclusione del procedimento. Situazione non certo gestibile attualmente dalle imprese.

Quali sono i punti che potranno segnare la ripresa dell’editoria italiana?

Non ci sono soluzioni precostituite, i processi di cambiamento sono rapidi e bisogna sapere non solo osservali, ma quando possibile, anticiparli. Certo è che il tema delle interrelazioni anche nei modelli di business tra le varie piattaforme diverrà sempre più importante.
Così come i processi di concentrazione a livello europeo ed internazionale accentueranno l’importanza di normative nazionali ed europee in grado di supportare certo le trasformazioni delle grandi imprese nazionali per aumentarne le opportunità di far parte di questo processo, ma renderanno , nel contempo ancora più necessario per la democrazia non abbandonare questo processo alle sole leggi del mercato, ma garantire , tutelare e promuovere, invece, in modo forte, autorevole e trasparente il pluralismo. Crescerà, quindi, l’esigenza di rafforzare gli strumenti in grado di garantire libertà di espressione, pluralità di informazione critica, educazione alla comunicazione e ai media adeguata anche alle giovani generazioni.
In questo percorso le realtà cooperative e non profit continueranno ad avere un ruolo fondamentale per dare voce ai territori e alle persone ed offrire un diverso protagonismo ai cittadini nell’informazione per favorire una più forte democrazia.

Ci sono delle criticità, a suo giudizio, che non sono state inserite nel testo di riforma o che avrebbero bisogno di essere più approfondite?

Noi abbiamo formulato, anche nell’audizione alla Camera, proposte non solo finalizzate alla promozione della lettura ai giornali cartacei e online nelle scuole , ma anche mirate a proporre modelli ed incentivi volti a promuovere in modo organico e sistematico occasioni di formazione alla comunicazione e all’utilizzo critico dei media tra i ragazzi, sulla base dei modelli più avanzati e delle buone pratiche a livello italiano ed europeo: modelli di cui, per altro, alcune realtà associate sono portatrici.
La Commissione Cultura ci pare abbia scelto di stralciare questa voce e di consegnarla al “versante” Scuola ed Educazione, ma il problema resta e continueremo a portarlo avanti con forza, a partire da un’iniziativa che intenderemmo promuovere all’interno del prossimo Salone Internazionale del Libro di Torino.
Altre questioni importanti sono, per noi, la richiesta di un maggiore approfondimento sul superamento che la legge propone della possibilità per cooperative di giornalisti di far rinascere impegnandosi in prima persona testate che hanno cessato le pubblicazioni e sono andate in liquidazione o, ancora, la soppressione della distinzione tra testate locali e nazionali nella definizione dei criteri di accesso ai contributi.
Ma altre valutazioni si potranno dare compiutamente una volta conosciuti i contenuti dei decreti per i quali la legge prevede che venga data delega al Governo.

In questo contesto, la campagna Meno giornali Meno liberi ha prodotto i risultati sperati?

menogiornalimenoliberi1La campagna è stata ed è uno straordinario momento di “educazione civica”, di sensibilizzazione sui temi del pluralismo dell’informazione e sulla necessità che lo Stato intervenga in modo chiaro e trasparente, e con gli opportuni controlli, per determinare le condizione di accesso al contributo per cooperative di giornalisti, autogestite, indipendenti e non scalabili, senza fine di lucro e per altre piccole realtà non profit che siano in grado di raccontare in modo libero e nel rispetto dei CCNL e della deontologia professionale le tante identità e racconto che provengono dai territori del Paese. Decine di Associazioni e migliaia di persone hanno deciso di “metterci la faccia” e di darci una mano nel sostenere la necessità e l’utilità d una campagna, cresciuta anche nel contraddittorio e nelle risposte che si è provato di dare ai tanti che hanno voluto intervenire.. anche a quelli che,a volte, hanno scelto di accomunare tutto e tutti ad alcune poche vicende degli ultimi anni che hanno certo contribuito a creare immagini negative di un’intera realtà che invece opera tutti i giorni nel rispetto delle regole e per contribuire ad alimentare la democrazia nel Paese. Ora il coordinamento della campagna si riunirà per decidere come accompagnare le varie fasi del dibattito alla Camera e al Senato e per sensibilizzare il Parlamento e l’opinione pubblica sull’importanza e la necessità di alcune modifiche che proveremo a condividere: in particolare su quelle senza le quali i contenuti di una riforma importante rischiano di produrre effetti devastanti su decine di testate trasformando il senso di una legge per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione in una legge che la libertà e il pluralismo li ridurrebbe.Crediamo necessario, quindi, ridare forza alla Campagna, raccogliendo idee, giudizi e contributi, anche necessariamente diverse su singole voci della proposta di legge, con l’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità del percorso di riforma avviato e nel contempo dell’urgenza delle modifiche che possano evitare effetti negativi sul futuro di tante realtà del settore. Quindi ancora #menogiornalimenoliberi, ma con un nuovo hastag #unaleggeperchilegge, utile a far cogliere il fatto fondamentale che il riferimento essenziale per ogni intervento pubblico e progetto di riforma sono i cittadini e, in questo caso, il loro diritto ad un’informazione libera e plurale.

Perché il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione è diventato necessario per la sopravvivenza del comparto?

Ogni realtà Europea e la maggior parte dei Paesi in cui vige un sistema democratico si preoccupano di non lasciare il “potere di informare” i cittadini solo alle regole di mercato.
Sono molteplici e diverse tra loro le forme di sostegno impegnate a garanzia e promozione di questo diritto. L’Italia con i tagli degli ultimi tre anni, in particolare e con la concentrazione oligopolistica che la caratterizza ha scalato in questi anni posizioni verso il basso della classifica europea dell’attenzione alla libertà ed al pluralismo dell’informazione. Con questa proposta di legge e con la nascita del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione il nostro Paese pare voler scegliere definitivamente di voltare pagina: contributi e incentivi certi e regole chiare e controllate non per ridurre ma per ampliare e rinnovare i soggetti che possono contribuire a questo racconto plurale del Paese. Un racconto cartaceo e online, ma anche radio e televisivo per quelle realtà che fanno informazione locale professionalmente e secondo le regole richieste; ma anche promozione di nuove start up innovative che riaprono voci in tanti ambiti e territori oscurati dalle sole logiche di mercato o processi di innovazione tecnologica ed organizzativa nelle testate cooperative e no profit esistenti: sono scelte che stanno all’interno dell’orizzonte valoriale ed etico in base al quale questo Fondo deve poter avere presto un ritorno positivo sui cittadini e sul Paese.
Una logica, quindi, che metta al centro del Fondo le condizioni in base alle quali questo assunto e questo obbiettivo, in coerenza con la Carta Costituzionale, possa essere pienamente promosso e realizzato. Per questi motivi ci aspettiamo che il Parlamento faccia proprie le nostre poche ma fondamentali proposte di modifica.

(Andrea Esposito, editoria.tv – 23 febbraio 2016)