Home News Comunicazione #menogiornalimenoliberi. Lorenzetto: “La crisi dei giornali? Un suicidio degli editori”. Ed è subito polemica

#menogiornalimenoliberi. Lorenzetto: “La crisi dei giornali? Un suicidio degli editori”. Ed è subito polemica

italiaoggi-lorenzettoLa crisi dei giornali? Un suicidio degli editori, che hanno deciso di pubblicare tutto gratis sul web. Sta suscitando un discreto dibattito tra gli addetti ai lavori l’articolo che Stefano Lorenzetto ha pubblicato a inizio gennaio sull’Arena di Verona e che è stato quindi ripreso dal quotidiano nazionale Italia Oggi.

La tesi centrale di Lorenzetto è che i siti web dei giornali, lungi dall’essere un volano di moltiplicazione di ricavi e copie digitali, siano in realtà uno degli elementi che ha innescato il precipizio di vendite e ricavi pubblicitari in cui sono entrate le testate “tradizionali”. Secondo Data Media Hub i primi cinque gruppi editoriali italiani dal 2010 al 2014 hanno perso quasi 1,9 miliardi di ricavi. E il digitale è una quota sempre marginale delle entrate.

Per Lorenzetto il motivo è chiaro:

(…)gli editori hanno dimostrato una spiccata vocazione all’autolesionismo. Complice il calo drammatico della pubblicità provocato dalla Grande Crisi, a partire dal 2008 si sono buttati sul Web, pensando di compensare le perdite. Sbagliato. Internet è il regno del tutto è di tutti, quindi del tutto è gratuito. Il nemico mortale dei giornali. Le statistiche documentano un paradosso: più i quotidiani inseguono il pubblico sulla Rete, mettendo gli a disposizione siti aggiornatissimi e ricchi di contenuti, più perdono copie.

Chi cresce per l’editorialista dell’Arena? Chi centellina le proprie notizie sul web. Chi entrerebbe in un frutta e verdura se le mele gli venissero regalate all’angolo della strada? E chi comprerebbe la Stampa se alle 7 del mattino potesse trovare il Buongiorno di Massimo Gramellini scodellato fresco fresco (e gratis) sul sito del giornale, come fa la moglie di Lorenzetto?

Scusate tanto: perché gli italiani dovrebbero sprecare 1,50 euro al giorno se quello che vogliono lo trovano gratis sulla Rete? Mi sa che i giornalisti hanno deragliato: sono l’unica categoria al mondo che sta regalando il proprio lavoro. La domenica consulto di buonora il sito della Repubblica e posso delibare l’omelia del Fondatore. E dovrei cercare Eugenio Scalfari in edicola?

Lorenzetto punta poi il dito sugli «astutissimi predoni telematici che ci fregano le nostre opere d’ingegno, senza che la casta degli scribi muova un dito per impedirlo, anzi ben contenta di farsi plagiare». Conclude con un plauso per Laura Cioli, nuovo amministratore delegato di RCS Media Group, («La quale ha annunciato che da gennaio per l’edizione online del Corriere i contenuti di alta qualità saranno a pagamento») e una provocazione:

Fossi in lei, andrei persino oltre: proporrei alla Federazione italiana editori giornali di provare a chiudere per sei mesi i siti di tutti i giornali, listandoli a lutto. Una moratoria informatica. E vediamo che cosa mangiano mattina, mezzogiorno e sera gli scrocconi del Web.

Lorenzetto ha dato voce ad argomenti che sono molto sentiti dalla comunità dei giornalisti, il cui risentimento nei confronti del web è cresciuto di pari passo con il crollo delle copie vendute.

La reazione da parte dei “guru” dell’informazione 2.0 non si è fatta attendere. Pier Luca Santoro, stimato consulente di marketing e già social media editor della Stampa, ha accusato la categoria di comportarsi come uno struzzo, nascondendo la testa di fronte ai cambiamenti di mercato.

Non sono “gli scrocconi del web” e la gratuità dei contenuti il male dei giornali, sono gli struzzi refrattari [pour cause] a qualsivoglia cambiamento da sempre a danneggiare le imprese, ed oggi anche i giornali ed i loro stessi colleghi.

In sintesi: senza i siti web i giornali avrebbero perso ancora più spazio e ricavi, cedendoli a nuovi editori. Sono i giornalisti “articolo 1” a non rendersi conto che il mondo è cambiato, perché vogliono mantenere i loro privilegi a scapito dei collaboratori precari e sottopagati.

Giorgio Levi della Stampa augura “Buon viaggio nel Medioevo” a Lorenzetto e Franco Abruzzo (l’ex presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Milano che ha ripubblicato per primo sul suo sito il pezzo). Mentre sui social network c’è chi fa notare che gli editori americani a suo tempo ci provarono, preferendo poi mungere la rassicurante mucca del giornale di carta fino all’inevitabile tracollo causato da Google e Craigslist.

E gli edicolanti? In questa Weltanschauung un po’ apocalittica rappresentanoun residuo anacronistico del passato, una spanna sopra i venditori di lampredotto. La loro voce, assai critica (in sintesi: «cari giornalisti noi ve l’avevamo detto, benvenuti nel tunnel»), emerge però stentorea dalla pagina delle lettere di Italia Oggi e da Facebook:

(…) sono anni che denunciamo questa crisi grazie a internet e grazie alla possibilità di leggere gratuitamente i quotidiani nei bar e esercizi pubblici (non menzionato in questo articolo, forse non ci siete ancora arrivati), abbonamenti postali con anche l’80% di sconto….ora con sto articolo avete scoperto l’acqua calda, il giorno che finite di fare gli snob forse qualcosa insieme possiamo risolverla.

Fra apocalittici e integrati, dunque, da che parte si orienta chi si riconosce nella campagna “Meno Giornali Meno Liberi”?

I nostri giornali cartacei – nazionali, locali e di settore – si confrontano con l’immediatezza del web e del mobile da tempo immemorabile. Ne conosciamo anche tutti i limiti.

Sappiamo che fra le testate online abbondano gli editori seri, ma i pirati non mancano. La differenza, anche in un mercato del lavoro totalmente destrutturato, la fa il rispetto delle regole, e dei contratti. Difficile parlare di qualità dell’informazione, altrimenti.

Siamo certi che il digitale non è la panacea per tutti i mali, anche quando i nostri giornali rappresentano un’esperienza all’avanguardia sui marketplace mobili.

Ogni giorno viviamo la concorrenza spietata e a volte ingiusta delle nuove piattaforme digitali, sia sulla pubblicità che sui modelli di costo e fiscali. Ma anche dei grandi media, che monopolizzano gli investimenti nazionali e comunque non disdegnerebbero la prematura dipartita di qualche competitor locale.

Soprattutto, cerchiamo continuamente di immaginare nuove forme di risparmio e di ricavi dal nostro lavoro. Non è semplice, e non è nemmeno detto che queste passino per forza dal digitale: le “Master Class” del Guardian mi paiono una “good practice” da prendere ad esempio.

In questo contesto di transizione, continuiamo a sostenere con forza che un sistema moderno di sostegno al pluralismo dell’informazione non sia solo giusto, ma necessario. Ringraziamo chi continua a crederci, tanto tra le file della maggioranza, quanto dell’opposizione.

Noi continueremo a ripeterlo finché avremo voce, contro ogni forma di retorica e populismo: meno giornali, meno liberi.

 

Emilio Gelosi
Responsabile Comunicazione Legacoop Romagna
(fonte: www.menogiornalimenoliberi.it, 7 gennaio 2016)