Home News Comunicazione Editoria. Roberto Calari, mediacoop “Verso la costituzione del Fondo per il pluralismo e l’innovazione: oggi può essere possibile”

Editoria. Roberto Calari, mediacoop “Verso la costituzione del Fondo per il pluralismo e l’innovazione: oggi può essere possibile”

calari corr romagna, 9sett2015Avrebbe dovuto essere l’occasione per una riforma dell’intera filiera editoriale quel tavolo di confronto aperto mesi fa dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’Informazione e all’Editoria, Luca Lotti. Ma presto si è capito che seguire la strada di una riforma complessiva avrebbe portato a tempi molto lunghi, unendo temi e urgenze differenti fra loro. Una riforma del contributo diretto all’editoria era però sempre più indispensabile.

Negli ultimi due anni i tagli indiscriminati, a bilanci delle imprese già definiti, hanno provocato la chiusura di tante testate, con una grave responsabilità di governo e Parlamento. Una forte riduzione del pluralismo, che in Italia vede un importante tessuto di cooperative di giornalisti, pubblicisti o poligrafici, voci autonome di realtà autogestite, no profit e non condizionabili, e di periodici locali o connessi a particolari aree di informazione e aggregazione sociale, come quelli di area cattolica o di altre confessioni, o quelle testate che affrontano tematiche di genere, connesse all’ambiente, alla cultura, allo sport. La stessa vicenda dei contributi diretti per l’editoria relativi al 2014, arrivati alle imprese solo a fine 2015 e in dimensioni limitate rispetto al fabbisogno complessivo, conferma che c’è stata una sottovalutazione politica delle conseguenze per la democrazia che la drastica riduzione della contribuzione diretta all’editoria avrebbe comportato.

A fronte del disimpegno della politica tanti territori sono oggi privi di una realtà che possa raccontarne criticamente la vita economica e sociale. La riforma in discussione dovrebbe ricreare le condizioni per avviare una fase di investimento e impegno sul ruolo del pluralismo e sulla necessità di un intervento dello Stato per correggere e integrare quello che il mercato non può garantire. Se si vuole assicurare ai cittadini un’informazione plurale, locale e nazionale, di genere e su specifici aspetti della vita economica e sociale, bisogna che lo Stato intervenga con strumenti e risorse adeguate. Un sostegno che richiede allo stesso tempo alle imprese che accedono ai contributi efficacia ed efficienza, pieno rispetto dei Ccnl di riferimento, regolarità contributiva e retributiva, tracciabilità dei movimenti amministrativi, capacità di reperire una parte significativa delle proprie risorse dalla vendita delle copie e degli abbonamenti e dalla pubblicità. Si deve inoltre pensare a come promuovere nuove start up o testate digitali, che con le opportune specificità che la normativa dovrà individuare potranno arricchire le opportunità di informazione locale professionale, nel rispetto delle regole e dei contratti.

Grazie alla mobilitazione e alla sensibilità democratica di tante persone e associazioni e al forte valore di informazione svolto dalla campagna #menogiornalimenoliberi si è arrivati al “no” del Parlamento alla proposta del M5S che prevedeva l’abolizione del finanziamento pubblico ai giornali. È importante sottolineare che quel voto è stato accompagnato dal due proposte di legge che di fatto hanno ripreso i contenuti emersi dal lavoro di confronto svolto col governo e la commissione Cultura della Camera. Ora, nel procedere verso un testo di legge unificato, c’è la necessità e la possibilità di un ampio lavoro di modifica e integrazione dei testi originali: dalla costituzione del fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione ai criteri per accedere al contributo diretto all’editoria cartacea e online.

Vorremmo fosse chiarito nel testo la scelta della non divisibilità degli utili come elemento discriminante per l’accesso ai contributi e l’individuazione della forma giuridica cooperativa come la più idonea a garantire indipendenza e autonomia nella governance delle testate. Vorremmo fosse riconosciutala nostra funzione sociale. E che fosse sottolineata la necessità di incentivare l’innovazione digitale, come connubio fra modalità e linguaggi che possono alimentarsi a vicenda senza prevedere fin d’ora che la carta debba essere destinata a sparire. Vorremmo riferimenti chiari per l’entrata in campo dei giornali online, per cogliere positivamente la scelta di ridurre a due anni il periodo necessario per una start up di cooperative di giornalisti, pubblicisti e poligrafici per accedere al contributo pubblico. Vorremmo il ripristino del diritto soggettivo nell’erogazione dei contributi, la certezza che a fronte del fabbisogno maturato vi sia l’impegno certo di risorse da parte dello Stato, ponendo fine alla pratica delle percentuali sul totale del fabbisogno e ai tagli indiscriminati ex post di questi ultimi due anni. Vorremmo fossero rafforzate le condizioni in base alle quali le testate locali indipendenti o i giornali e periodici nazionali no profit possano essere in grado di avere un maggior accesso alle risorse pubblicitarie.

Infine vorremmo sottolineare un terreno che riveste per noi una rilevanza strategica: inserire nella legge una formulazione tesa a incentivare certo “la lettura dei quotidiani e dei periodici online nelle scuole di ogni ordine e grado” ma anche la promozione della lettura, che necessita azioni di alfabetizzazione ai media, indispensabili per coltivare i lettori di domani.

Roberto Calari, presidente Mediacoop

(Fonte: La Nuova Ecologia – “Fuori dal Coro”, 29 gennaio 2016)